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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-08-19 ad oggi 2010-09-12 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)2010-09-09 Il presidente Usa ha chiesto al pastore Terry Jones di rinunciare alla sua iniziativaObama: "Il rogo del Corano è un aiuto ad Al Qaeda " Secondo il Capo della Casa Bianca può diventare uno strumento di reclutamento di nuovi terroristi WASHINGTON - Lo ha definito "deleterio". Il presidente Barack Obama ha affermato senza mezze misure che l'iniziativa annunciata dal pastore della Florida Terry Jones di bruciare il Corano nell'anniversario dell'11 settembre, è un "regalo ai terroristi" e che sarà usato da Al Qaeda come strumento di reclutamento e lo ha invitato a riconsiderare la sua decisione.
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2010-09-09 STATI UNITI La ricetta di Obama: lavori pubblici e aiuti fiscale per la classe mediaIl presidente annuncia un nuovo piano anti-crisi Con un occhio alle elezioni di medio termine Un aiuto all'economia che ancora non si decide a ripartire, soprattutto facendo ricorso ad agevolazioni fiscali e lavori pubblici, ma con un occhio alle elezioni di mid term, fissate in novembre, che rischiano di trasformarsi in un bagno di sangue per i democratici. Le misure che il presidente degli Stati Uniti barack Obama ha deciso di annunciare nell'atteso discorso a Cleveland, in Ohio, rispondono a questo doppio scopo. 2010-08-14 Obama si schiera: "Sì alla moschea a Ground Zero" Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, spezza una lancia in favore della costruzione del Cordoba Center, un centro culturale e una moschea che una associazione musulmana intende costruire a due passi da Ground Zero, dove sorgevano del torri gemelle abbattute l'11 Settembre dai terroristi islamici di al Qaida. Per Obama, in base al principio della libertà religiosa, i musulmani hanno "il diritto" di costruire il Cordoba. Con una mossa a sorpresa il presidente lo ha spiegato in serata alla Casa Bianca, in occasione di un discorso di fronte alla comunità musulmana americana, poco prima della cena (Iftar) che segna l'inizio del Ramadan, il mese sacro islamico. |
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"Libro dei Miei Pensieri"html PDFIl mio commento sull'argomento di Oggi è :
Gent.mi,
io sono un sostenitore ed estimatore del Presidente Obama.
E ritengo inoltre che la libertà di religione vada comunque garantita, nel rispetto comunque che l'ospitato non possa dettar legge in casa dell'ospitante, come è il caso del Crocifisso in Italia, per il quale l'ospitato non ha alcun diritto a richiederne la rimozione, ne risulta limitata la sua fede dalla presenza del Crocifisso.
Fatta questa premessa, nel caso della Moschea, ritengo che essa vada concessa, ma non nel luogo dove pretendono gli Islamici, ma in altro posto, perchè altrimenti la costruzione a Ground Zero suona come un oltraggio alle migliaia di vittime dell'Assurdo attentato Terroristico.
Anzi dovrebbero gli stessi Islamici scegliere un altro posto per onorare e non infangare la memoria dei caduti, ma ponendo nella loro Moschea una lapide a ricordo dell'Assurda Strage Terroristica.
Per. Ind. Giacomo Dalessandro
Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-08-19 ad oggi 2010-09-12 |
AVVENIRE per l'articolo completo vai al sito internet http://www.avvenire.it2010-09-11 11 settembre 2010 L'ANNIVERSARIO L’11 settembre di Obama: "La religione non ci dividerà" "Nessuno riuscirà a farci del male con divisioni basate su differenze religiose o etniche" perché l’America "è una nazione unita" anche se "composta da persone che danno a Dio nomi diversi". Ieri, alla vigilia del nono anniversario del peggiore attentato terroristico sul suolo americano, il presidente Barack Obama ha fatto appello alla tolleranza, sottolineando che oggi "sarà un’ottima occasione per ricordare il rispetto fra tutte le religioni che caratterizza l’America". Secondo il capo della Casa Bianca, questo 11 settembre dovrà essere "una giornata di servizio e memoria", per "servire i propri concittadini e ravvivare lo spirito di unità sentito subito dopo gli attacchi" del 2001, così che le celebrazioni di oggi commemorino anche "i solidi valori e lo spirito tenace" del Paese. Un appello più che mai necessario. L’11 settembre verrà infatti commemorato, come sempre dal 2001, da servizi e preghiere a ricordo delle quasi tremila vittime dei attentati. Questa volta, però, la solennità dell’anniversario sarà macchiata dalle proteste e dalla diatriba politica che circondano la proposta di costruire un centro islamico a due passi da dove sorgevano le Torri gemelle e l’appello del pastore della Florida di ricordare la tragedia bruciando copie del Corano. "Spero che chi l’ha proposto ci preghi sopra e cambi idea", ha sottolineato Obama riferendosi proprio al reverendo Terry Jones e spiegando che "l’idea di distruggere il testo sacro della religione di qualcun altro è contrario ai principi della nazione". Gli Stati Uniti, infatti, "non sono mai stati in guerra con l’islam, ma con i terroristi di al-Qaeda" – e catturare o uccidere Osama Benladen rimane "una delle priorità dell’Amministrazione" – ha rassicurato il presidente. Bruciare il Corano è pertanto "il migliore regalo che si potesse fare a al-Qaeda, il migliore mezzo per ingrossare le sue fila". Un rischio che mette a repentaglio non solo le truppe americane. I terroristi, ha infatti ricordato Obama, "hanno fatto molte più vittime tra i musulmani". Ed è proprio la comunità islamica di New York ad aver accolto per prima l’appello di tolleranza del presidente, organizzando per ieri sera nei pressi di Ground Zero una veglia in memoria dei caduti dell’11 settembre. "Vogliamo riunirci per esprimere il sostegno ai valori americani ancorati nella Costituzione, come la libertà religiosa", ma anche "nella commemorazione delle vittime" ha dichiarato Feisal Abdul Rauf, l’imam che sta promuovendo la costruzione della controversa moschea a soli due isolati da dove sorgevano le torri gemelle. La veglia si prevedeva quindi pacifica, senza striscioni di protesta – solo candele, abiti bianchi e bandiere a stelle e strisce. In dubbio, però, quale sarà la risposta di chi si oppone al centro Cordoba. Oggi, tutta America – e gran parte del mondo – manterrà un minuto di silenzio, fermandosi nel momento esatto in cui, nove anni fa, i quattro aerei dirottati dai terroristi si schiantarono sul World Trade Center, sul Pentagono a Washington e nella campagna della Pennsylvania. Nei luoghi degli attentati si ricorderanno i morti e gli eroi di quel giorno: il capo della Casa Bianca deporrà una corona di fiori al Pentagono; la moglie Michelle insieme con l’ex first lady Laura Bush parteciperanno alle cerimonie commemorative in Pennsylvania, mentre il vicepresidente Usa, Joe Biden si recherà a New York dove ancora quest’anno i nomi delle vittime saranno letti nei pressi di Ground Zero: il tutto in attesa che la costruzione del memoriale venga completata in tempo per il decimo anniversario e le famiglie dei caduti possano tornare a pregare là dove i propri cari hanno perso la vita. Molti, però – tra cui anche chi venne colpito direttamente dagli attentati – si troveranno sul lato opposto dello Zuccotti Park a protestare contro la moschea per "fare in modo che il luogo sacro venga rispettato per sempre". Loretta Bricchi Lee
11 settembre 2010 Fare sempre grancassa? Noi media, il mondo e l’oscuro pastore I fatti: dalla Florida un oscuro e discusso predicatore lancia, con l’avvicinarsi dell’11 settembre, la sua insensata provocazione. "Brucerò il Corano in piazza". È il suo modo di ribellarsi – fa sapere lui – al progetto di costruire una moschea a Ground Zero, cuore dell’America ferita dal peggiore terrorismo. La cosa potrebbe finire lì o quasi, visto il peso apparentemente insignificante del minaccioso protagonista. Invece l’eco di quelle parole comincia a risuonare, mette in moto il tritacarne dell’informazione ed esplode in un tam-tam assordante. S’ingigantisce e s’aggroviglia una perversa spirale che ancora oggi – una settimana dopo – pare stringere mezzo mondo. È costretto a intervenire il presidente Barack Obama, si muove l’Interpol e lancia un "allarme globale" sulla possibilità di attacchi violenti come rappresaglia all’iniziativa del pastore, lancia segnali il Dipartimento di Stato. Nel mondo del fondamentalismo islamico c’è chi, in perenne agguato alla ricerca di appigli propagandistici, gongola e si prepara... In Afghanistan già si manifesta contro quelle "minacce". E c’è una prima vittima. A Copenaghen, nel Paese dove esplose il caso delle "vignette anti-Maometto", c’è il misterioso tentativo d’attentato di un kamikaze. Quasi un terremoto, mentre quell’oscuro e discusso predicatore continua il suo gioco pericoloso. Dice che brucia, o forse no, e comunque se brucerà non è adesso. Non molla la presa: s’accorge che, 9 anni dopo, è diventato lui il protagonista planetario – isolato o quasi, ma pur sempre protagonista – del giorno più cupo dell’immensa nazione americana. Con un paradossale e atroce rischio, farsi prigioniero delle sue stesse minacce: l’ho detto, tutti ne parlano, devo farlo, lo faccio. La domanda: come è accaduto che quelle parole si siano gonfiate giorno dopo giorno fino ad esplodere in tensioni planetarie? Quale meccanismo ha trasformato uno sconosciuto personaggio della profonda America in una sorta di bomba atomica a gittata mondiale? Non è davvero la prima volta che simili interrogativi investono – meglio: travolgono – chi fa informazione per mestiere. Dagli angosciosi dubbi sui proclami brigatisti durante gli anni di piombo (pubblicarli, non pubblicarli?) a quelli sulle immagini delle violenze nel carcere iracheno di Abu Ghraib – tanto per citare due esempi su misura dei meno e dei più giovani – è stata una catena di tormenti: far da grancassa con occhi e orecchie chiusi, nel nome di una sconfinata libertà di stampa, oppure scegliere la via di un’assennata "rilettura" che qualcuno potrebbe anche chiamare "autocensura"? Puntare sui "diritti" di chi scrive parole e trasmette immagini o sui "doveri" legati a esigenze di sicurezza e pace? Buttarsi sempre a piedi uniti oppure di tanto in tanto ritrarsi e rifiutare la logica del clamore insensato e rischioso? Dubbi che si ripresentano a fasi alterne e che oggi tornano a interrogare opinioni pubbliche e media. E stavolta in modo non solo accademico: negli Stati Uniti – esempio significativo – una delle maggiori agenzie di stampa, l’Associated Press, ha già avvertito che non diffonderà immagini o descrizioni dettagliate anche nel caso in cui il pastore Jones arrivi fino in fondo. E il direttore del New York Times rincara:"Libertà di stampa è anche libertà di non pubblicare". Il caso dell’oscuro pastore Jones potrebbe insomma aprire un varco finora quasi inesplorato, fissando paletti ai quali – almeno nei casi di particolari emergenze – l’informazione potrebbe ancorarsi. Con una speranza e un auspicio. La speranza: che il temuto ultimo atto di questa brutta storia non sia mai da raccontare e che il pastore Jones se ne torni nella sua oscurità. L’auspicio: che nessuno pensi di poter andare oltre al doveroso "autocontrollo" dei media. Tiziano Resca
11 settembre 2010 ALTA TENSIONE Corano, braccio di ferro del pastore Jones Assume ormai i contorni di una stucchevole telenovela la vicenda del rogo del Corano, due volte annunciata e poi due volte smentita dal pastore battista della Florida Terry Jones. Una sceneggiata che vede Jones unico protagonista, accerchiato da un coro di condanne internazionali che forse mai neppure lui, leader di appena 50 seguaci della chiesa di Gainsville, si sarebbe aspettato. Condanne ieri sfociate, peraltro, in manifestazioni di piazza dall’Afghanistan al Pakistan, dalla Somalia a Gaza. Proprio in Afghanistan, durante una mobilitazione davanti ad una base Nato nel nord-est, un manifestante è rimasto ucciso da un colpo sparato dai militari. A Copenaghen, intanto, un uomo ha tentato di farsi esplodere nel bagno di un hotel, causando però solo una piccola deflagrazione e rimanendo ferito. L’uomo, forse cittadino del Lussemburgo, è stato poi arrestato. Potrebbe essere un caso, ma la Danimarca è da tempo nel mirino degli estremisti islamici per la vicenda delle vignette satiriche su Maometto. Nulla di strano, dunque, se la vicenda del Corano fosse all’origine anche di questo attentato fallito. Il mondo islamico, insomma, brucia. Mentre Jones, per la seconda volta in poche ore, ha annunciato ieri il suo ripensamento: nel nono anniversario delle stragi dell’11 settembre non vi sarà alcun rogo del Corano. O almeno così dovrebbe essere. In realtà, in serata, il pastore si è riservato l’ennesimo colpo di scena, lanciando un ultimatum all’imam di New York Feisal Abdel Rauf, che sovraintende alla costruzione della contestata moschea a Ground Zero. Entro due ore, era l’avvertimento di Jones, Rauf avrebbe dovuto decidere se tenere un colloquio con lui per negoziare la rinuncia alla costruzione del luogo di culto islamico. In caso di risposta negativa, restava valida la minaccia di bruciare copie del Corano come annunciato inizialmente. Ultimatum poi scaduto senza che l’imam alzasse la cornetta e ulteriore marcia indietro di Jones che ha fatto annunciare che oggi non brucerà alcun libro sacro. La minaccia, però resta valida. Ieri mattina, il protagonista di questo falò delle vanità diceva di aver cambiato idea grazie a un accordo raggiunto "con gli imam", i quali gli avrebbero garantito che la moschea non sarebbe stata costruita a Ground Zero. Peccato che l’intesa fosse stata smentita da Muhammad Musri, l’imam capo dell’Islamic Society della Florida, che giovedì, quando Jones minacciava di portare a termine i suoi incendiari propositi, si era proposto come mediatore. "Quest’offerta non è mai esistita". Musri aveva poi raccontato che si trovava con Jones quando era arrivata, giovedì sera, la telefonata del capo del Pentagono Robert Gates. "Penso sia stata quella telefonata a far cambiare idea a Jones", aveva spiegato. Poi, tornando alla disputa sull’accordo, Musri aveva detto di aver solo assicurato a Jones che avrebbe tentato di metterlo in contatto con l’imam di New York per un incontro. Versione, anche questa, che zoppica, visto che l’imam Rauf ha detto ieri di non aver mai ricevuto chiamate da Musri. Da parte sua Jones ha chiamato Rauf "bugiardo": "Gli ho chiesto tre o quattro volte: "Se noi cancelliamo il nostro evento, la sua moschea di New York sarà spostata in un altro luogo, lontano da Ground Zero? E lui mi ha sempre detto di sì"". Poi, appunto, l’ultimatum, senza risposta, di ieri sera. E l’incognita su cosa accadrà oggi se Jones andrà avanti con il suo progetto. Nella vicenda, peraltro, si è inserito anche il miliardario Donald Trump. L’imprenditore sarebbe pronto a comprare per 6 milioni di dollari Cordoba House, la struttura a due isolati dal World Trade Center dove è in progetto la costruzione della moschea. Trump avrebbe lanciato l’offerta a condizione che la moschea sia costruita ad almeno cinque isolati di distanza da Ground Zero. Difficile sapere, per ora, se la mossa di Trump sia in grado di mettere la parola fine a una situazione dalla quale per ora, paradossalmente, a uscire vincitore è il solo Jones, passato dall’assoluto anonimato a eroe di quell’America che guarda all’islam come il fumo negli occhi. Eroe per tanti, peraltro, ma non per la figlia, che dalla Germania dice che il padre è "impazzito" e che ha "bisogno di aiuto". Il presidente Obama, il comandante in capo Obama per il quale bruciare il Corano equivale a "mettere in pericolo" i soldati americani in Iraq e in Afghanistan, sperava di celebrare in maniera meno burrascosa il nono anniversario dell’11 settembre. Dopo quelli dei giorni scorsi, ancora ieri numerosi altri messaggi contro l’iniziativa di Jones sono continuati ad arrivare a Washington. Nei Paesi islamici la protesta divampa. In Cisgiordania e a Gaza migliaia di palestinesi hanno scandito slogan e sventolato copie del Corano. In Pakistan, centinaia di manifestanti si sono riuniti a Multan, nel centro del Paese, dando fuoco a decine di bandiere americane. "Temiamo per le nostre chiese e i nostri fedeli – ha sottolineato all’Agenzia Fides il vescovo locale, monsignor Andrew Francis –. Preghiamo e speriamo che nessuno bruci il Corano, nell’anniversario dell’11 settembre". Per l’imam della Mecca, Saleh Ben Humaid, l’iniziativa di Jones è "un’incitazione al terrorismo", mentre secondo il presidente afghano Hamid Karzai il pastore americano non dovrebbe "nemmeno pensare" di bruciare il Corano. Per ora, pur pensandolo, non lo ha fatto. La speranza è che il gran finale della telenovela non preveda il contrario. Paolo M. Alfieri
11 settembre 2010 INTERVISTA Bencheikh: "Non bisogna amplificare le provocazioni" "Non si dovrebbe amplificare oltre misura la portata di ciò che appare come una provocazione isolata, tanto più dopo le condanne tempestive giunte dal Vaticano e dalle altre maggiori cancellerie". A pensarlo è lo studioso franco-algerino Ghaleb Bencheikh, noto interprete sul versante musulmano del dialogo interreligioso e presidente del ramo francese della Conferenza mondiale delle religioni per la pace. In Italia, è uscito "Che cos’è l’islam? Per favore, rispondete" (Mondadori). Come giudica quanto sta accadendo in Florida? Sinceramente, benché la provocazione sia forte, occorre circoscriverla al suo livello. A mio parere, questo reverendo è probabilmente un esaltato, come sostengono del resto alcuni che lo conoscono. La saggezza raccomanda a tutti i musulmani di non cadere nella trappola della provocazione. Sfortunatamente, assistiamo già a manifestazioni a Giacarta, Islamabad, Kabul. Come sempre, l’idiozia risponde all’idiozia e l’estremismo all’estremismo. Si devono temere altre reazioni? Certo. Non si dovrebbero affatto sottovalutare le reazioni già in corso e in generale i rischi di strumentalizzazioni da parte di chi vorrebbe rappresaglie. Il problema principale, adesso, è proprio quello di bloccare ogni escalation di tensione. Si può in qualche modo fare della prevenzione contro queste derive? Spesso non c’è prevenzione che tenga. Ma una volta che casi simili esplodono, occorre misurare ogni dichiarazione. Non sono affatto certo, ad esempio, che quanto ha detto il generale americano Petraeus sull’aggravarsi dei rischi per i soldati Usa contribuisca a migliorare la situazione. A mio parere, frasi del genere la aggravano. Nelle ultime ore, si può al contempo sottolineare come positivo il fatto che per una volta le reazioni dei capi di Stato musulmani siano state tendenzialmente moderate. Anche nella scia del caso Sakineh, c’è chi parla di un rischio montante di strumentalizzazioni politiche o intolleranti delle religioni. Che ne pensa? Il cuore nobile delle religioni consiste in una dimensione di elevazione spirituale e d’altruismo che è stata simbolizzata di recente da figure come Madre Teresa, l’abbé Pierre o i sufi musulmani. Ma, accanto, permane anche un rischio reale di estremismo ritualista o di chiusura all’altro. L’abbiamo visto spesso in quest’ultimo decennio, soprattutto nelle società arcaiche dove la riflessione non riesce a confrontarsi con la modernità. I media dedicano poco spazio agli sforzi di dialogo? Chi parla d’incontro, dialogo, amore, misericordia, pace spesso non fa ascolto, come si dice. Ogni piccolo scandalo, invece, viene amplificato. Viviamo in questo tipo di società, certo, ma non è affatto un motivo per abbandonare la strada del confronto. Daniele Zappalà
11 settembre 2010 INTERVISTA Senzai: "Dopo 9 anni pochi i progressi nel dialogo" Farid Senzai, professore di scienze politiche all’Università di Santa Clara, in California, e direttore ricerche dell’Istituto per la politica sociale e l’intesa Ispu – un think tank impegnato nell’analisi delle politiche americane sia a livello interno che internazionale con enfasi sulle questioni relative alla comunità islamica negli Usa –ritiene che, dagli attacchi terroristici di nove anni fa, gli Stati Uniti abbiano fatto progressi nel cercare un equilibrio tra lotta al terrore e il miglioramento delle relazioni con l’islam, ma mette in guardia contro effetti negativi nel lungo termine. Cosa è cambiato nella politica americana contro il terrorismo a nove anni dagli attentati dell’11 settembre? Subito dopo la tragedia del 11/9 l’Amministrazione Bush ha preso una posizione molto forte contro il fondamentalismo e al tempo stesso a favore della comunità islamica. Questo ha avuto certamente un impatto positivo, ma col passare degli anni l’approccio del governo non si è rivelato così deciso. Anche se sotto il mandato Obama la politica almeno a parole ha cercato nuove strade, di fatto non ci si è allontanati molto da quella precedente. Il modo in cui gli Stati Uniti trattano con il mondo islamico rischia quindi di avere maggiori ripercussioni sia qui che all’estero. E a livello interno? Il presidente Obama ha cercato di dissociare la parola terrorismo dall’islam e lo scorso giugno, al Cairo, ha messo in chiaro che "l’America non è e non sarà mai in guerra contro l’islam". In alcuni casi la sua politica sta funzionando. Certamente è l’approccio giusto. Il problema, però, è che nel complesso sono state le emozioni a prendere il sopravvento "caricando" lo scenario al punto tale che si ha un individuo come il reverendo Jones e un gruppetto dei suoi membri che riescono a influenzare il modo in cui i musulmani vengono percepiti nel lungo termine. È cambiato il modo in cui gli islamici sono visti negli Stati Uniti? Non molto, anche perché continua la percezione negativa. Il solo fatto che quasi il 20% degli americani continui a credere che il presidente Obama sia musulmano, sfortunatamente fornisce la misura dell’ignoranza che ancora sussiste riguardo questa religione. Sembra però che l’opinione pubblica stai andando nella direzione opposta rispetto a quella dell’Amministrazione. L’ultimo sondaggio del Washington Post ha rivelato che il 48% degli intervistati ha una visione negativa dell’islam e solo il 37% ne ha un’opinione positiva, segnando il dato peggiore dall’ottobre 2001. Quale ne è la ragione? In parte dipende dall’andamento negativo dell’economia americana. Questo, assieme alla disoccupazione, ha intensificato il sentimento negativo verso "gli altri", con i musulmani visti come gli altri. Inoltre, i miliardi spesi per la guerra gli americani pensano che si sarebbero potuti spendere in patria. La controversia riguardo la costruzione di una moschea a Ground Zero – osteggiata da due terzi degli americani – e l’iniziativa proposta dal reverendo Jones di bruciare il Corano in occasione dell’11 settembre sono esempi della crescita di un sentimento anti-islamico negli Usa, o tale visione è solo messa più in luce ora? È vero che negli Usa la violenza contro i musulmani – in calo tra il 2002 e il 2008 – ha mostrato un incremento negli ultimi due anni. I due casi di cui si parla – soprattutto quello relativo alla moschea di New York – hanno messo la questione sotto il microscopio e sotto una luce negativa. Loretta Bricchi Lee
2010-09-10 10 settembre 2010 CORANO Jones: domani niente rogo Un morto nelle proteste Il pastore Terry Jones ha annunciato che domani, anniversario dell'11 settembre, non brucerà il Corano. E' solo l'ultimo dei "ripensamenti" del reverendo, che nelle ore scorse aveva fatto sapere di non aver ancora rinunciato al suo progetto. Intanto cresce la protesta in tutto il mondo: migliaia di persone hanno manifestato oggi davanti ad una base Nato gestita dai tedeschi nel nord-est dell'Afghanistan e uno dei dimostranti è rimasto ucciso dopo che i militari hanno aperto il fuoco. In Belgio, un'organizzazione islamica integralista ha lanciato un appello a tutti gli musulmani affinchè brucino le bandiere americane "ovunque voi siate: per strada, in un parco, davanti l'ambasciata Usa a Bruxelles o anche nel giardino di casa vostra". E dalla Mecca l'imam Saleh Ben Khumaid ha avvertito: il rogo della Florida non è altro che "un'incitazione al terrorismo". Intanto questa mattina si è espresso anche il presidente afghano Hamid Karzai: parlando a Kabul ha affermato che di bruciare il Corano il pastore americano "non dovrebbe nemmeno pensarlo". "Abbiamo saputo che negli Stati Uniti un pastore ha deciso di profanare il Corano. - ha detto Karzai - Ora, sebbene forse alla fine non lo farà, noi gli diciamo che non dovrebbe nemmeno pensarlo". Jones ieri aveva annunciato che avrebbe annullato l'iniziativa, dopo avere ricevuto assicurazione da un imam di Orlando (che faceva da intermediario) che non sarebbe stata costruita la contestata moschea nei pressi di Ground Zero. Jones aveva detto che sabato, invece di bruciare copie del Corano, si sarebbe recato a New York per discutere dello spostamento della moschea in una località più lontana dal luogo dell'attentato dell'11 settembre 2001. Era emerso anche che l'imprenditore immobiliare newyorchese Donald Trump si era offerto di riacquistare per 6 milioni di dollari il palazzo destinato a ospitare il tempio, cioè il 25 per cento in più del valore dell'edificio. Poi però responsabili del centro culturale islamico di New York hanno fatto sapere di non avere raggiunto alcun accordo col pastore. Jones si è detto "deluso" e "scioccato" e ha aggiunto: "Potremmo essere obbligati a rivedere la nostra decisione" di rinunciare al rogo del Corano. L'APPELLO DI FRATTINI "Voci come quelle del reverendo Jones che per ricordare" la tragedia degli attentati dell'11 settembre "propongono di bruciare copie del Corano sono il modo peggiore di ricordarlo e vanno condannate con fermezza". Lo ha scritto Il ministro degli Esteri Franco Frattini in una lettera. "Ricorre domani il nono anniversario dell'attentato alle Torri Gemelle", spiega il titolare della Farnesina aggiungendo di condannare il piano del pastore della Florida "con la stessa fermezza con cui condanniamo i contro-appelli dei Fratelli Musulmani diretti ai diplomatici americani". LE PROTESTE IN AFGHANISTAN Si estende in almeno cinque province dell'Afghanistan la protesta di migliaia di manifestanti contro la minaccia del pastore protestante della Florida Terry Jones di bruciare copie del Corano. Un manifestante è stato ucciso da un colpo d'arma da fuoco davanti alla base tedesca della Nato a Faizabad, nel nord dell'Afghanistan. Proteste sono state inscenate anche a Badghis, nel nord-ovest, e a Ghor e a Herat. La protesta monta anche in Pakistan dove circa 600 manifestanti si sono radunati nella città di Multan, nel centro del Paese, e bandiere americane sono state date alle fiamme.
11 settembre 2010 A 9 anni da quell'11 settembre È tempo che il mondo esca dal gelo A nove anni dagli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 le immagini di quella tragedia sono ancora nei nostri occhi. Restano qualcosa di assurdo. Il mondo rimase attonito: accadeva qualcosa di troppo grande, quasi impensabile. La prima reazione fu il senso di vuoto che prende davanti a catastrofi di enorme portata. Poi arrivò la giusta risposta: "Siamo tutti americani". Si sviluppò una corrente di solidarietà e simpatia grande verso gli Usa. Lo slogan, accompagnato dalle immagini dell’eroismo dei vigili del fuoco di New York, interpretava un sentimento diffuso di vicinanza ma anche di identificazione con il popolo americano. Poi si aprì il tempo della risposta armata al terrorismo. C’era un nemico, con ramificate complicità, che voleva distruggere la nostra civiltà. Si diede inizio alla guerra, prima in Afghanistan, quindi in Iraq. A contrastarla ci fu un vasto movimento: manifestazioni per la pace mai viste prima di allora, con 150 milioni di persone scese in piazza in duecento città del mondo. Ma il veleno del disprezzo e dell’odio aveva ormai contagiato il mondo. Forse è quello che i terroristi volevano: una vittoria dell’odio. Lo "scontro di civiltà" sembrò la cifra del millennio appena iniziato, nonostante la voce di Giovanni Paolo II che, in quei momenti di spaesamento collettivo, non cessò mai di opporsi alle logiche di guerra e di scontro. Tutti ricordiamo la preghiera per la pace tra le religioni da lui convocata ad Assisi nel gennaio 2002. Sono passati nove anni difficili. Si è urlato, ci si è combattuti, si sono cercati nemici, ma soprattutto si è stati presi dal pessimismo e dall’idea che lo scontro fosse inevitabile. Eppure le guerre avviate non hanno segnato una stagione nuova. L’Iraq si è liberato da un dittatore sanguinario, ma resta preda della violenza e ora lo scenario si fa più incerto con il ritiro delle truppe americane. Anche per i cristiani di quell’area i tempi si sono fatti più difficili, tanto che il loro numero è drammaticamente diminuito. L’Iran si sta imponendo come potenza regionale in forza del suo preoccupante programma nucleare e della forza della Shi’a pur in Paesi a maggioranza sunnita. E l’Afghanistan si dimostra un buco nero della geopolitica, come già molte volte negli ultimi due secoli. Tuttavia, le conseguenze malate dell’11 settembre sono anche nell’animo dei popoli. La freddezza con cui è trattato oggi il Pakistan, sofferente per le alluvioni, è il frutto di un progressivo allentamento dello spirito di solidarietà internazionale, nella diffidenza e nel distacco. Un discorso simile si può fare per numerose altre aree del mondo. Oggi, dopo nove anni e, soprattutto, un numero elevatissimo di vittime, è venuto il tempo di superare la logica del nemico e della contrapposizione, recuperando la legalità internazionale, per dedicarsi a sfide più urgenti. Il campanello d’allarme è la grave crisi economico-finanziaria che ha colpito il mondo, svelando le fragili basi su cui si posa l’architettura internazionale globale. C’è poi una patologia da curare, quella dello spirito di popoli divisi, arrabbiati e confusi, che temono il futuro. La nuova iniziativa di pace per la soluzione del lunghissimo conflitto tra israeliani e palestinesi, apertasi pochi giorni fa a Washington, sembra essere un segnale di speranza dopo questi tormentati anni segnati dalle tristi conseguenze dell’11 settembre. Ma, soprattutto, c’è da invertire la logica dello scontro e far prevalere le ragioni dell’incontro e del dialogo, le uniche che possono riaprire una stagione di solidarietà con chi soffre ingiustamente per la spaccatura del mondo lungo i suoi assi cardinali: Nord-Sud, Oriente-Occidente. Una crisi troppo lunga e troppo profonda. Marco Impagliazzo
10 settembre 2010 Spreafico (Cei): "Bruciare un libro è sempre un atto sacrilego" "Bruciare un libro è sempre un atto sacrilego. Non dobbiamo dimenticare che la prima cosa che fecero i nazisti, con la Notte dei cristalli, fu quella di bruciare i Talmud, i libri dell'ebraismo". È quanto ha sottolineato monsignor Ambrogio Spreafico, Presidente della commissione Cei per l'evangelizzazione dei popoli e il dialogo fra le Chiese e vescovo di Frosinone, in merito al rogo del Corano promosso dal reverendo Terry Jones. "Per fortuna - ha aggiunto mons. Spreafico - c'è stata un'opposizione chiara da parte di tutti, anche la Santa Sede è intervenuta. È stata una rivolta dello spirito e dell'intelligenza". Quello di bruciare il Corano è "un atto contro la religione e le religioni - ha aggiunto il responsabile Cei per l'evangelizzazione - si tratta del gesto di un fanatico, di un piccolo gruppo che mette in pericolo la vita di centinaia di milioni di cristiani in tutto il mondo. Penso alle comunità cristiane dell'Iraq, del Pakistan o dell'Indonesia, dove pure esiste un Islam più moderato". Il rischio, ha aggiunto il vescovo, è che si "identifichi il gesto di un piccolo gruppo con quello di tutti i cristiani, la stessa pericolosa generalizzazione avviene quando atti di questo tipo vengono fati da estremisti islamici". È importante quindi lavorare, ha aggiunto il vescovo, affinchè le differenze "diventino motivo d'incontro pur all'interno delle rispettive identità, e mai motivo di conflitto". Sull'iniziativa di Jones è intervenuto anche padre Federico Lombardi: "Se questo fatto avvenisse sarebbe da definire non solo come un atto di mancanza di rispetto ma direi proprio di follia". È quanto ha detto il direttore della Sala stampa vaticana ha spiegato che si tratta di "un fatto essenzialmente riprovevole, bisogna invece sempre dimostrare molto rispetto per i segni religiosi che sono importanti per le persone delle altre fedi". "In questo caso - ha osservato - si tratterebbe di un atto di chi ama odio e violenza invece di essere un contributo, come tutti dovremmo dare, alla comprensione e al dialogo proprio per eliminare le cause della tensione e costruire la pace nel mondo". La Giornata del rogo del Corano è una "irresponsabile iniziativa", che ha portato la "tensione alle stelle" e ha innescato in tutto il mondo "un pericoloso meccanismo di reazione". È quanto scrive l'Osservatore Romano sull'annuncio del reverendo Terry Jones di voler bruciare il Corano nell'anniversario dell'11 settembre.
2010-09-09 9 settembre 2010 11 SETTEMBRE Corano al rogo, ferma condanna di Obama L'Islam chiede a Obama di fermare Terry Jones, il pastore di una chiesa evangelica americana che ha organizzato per il prossimo 11 settembre un rogo di copie del Corano. Uno dopo l'altro i Paesi islamici più importanti, e quelli con una presenza musulmana significativa, invitano la Casa Bianca a intervenire. Il Pakistan ha definito "spregevole" il piano di Jones l'India ha invitato gli USA ad agire con "determinazione" nei confronti di quest'ultimo. È dall'Indonesia, però, che è arrivata la richiesta più decisa. Il presidente, Susilo Bambang Yudhoyono, ha scritto una missiva a Obama, che nel Paese con il più grande numero di musulmani nel mondo trascorse diversi anni della propria infanzia. Nella lettera, ha spiegato un portavoce della presidenza, Yudhoyono ha sottolineato il rischio che il rogo progettato dal pastore Terry Jones "vanifichi gli sforzi che Indonesia e Stati Uniti stanno facendo per costruire relazioni tra l'Occidente l'Islam". "È profonda - afferma la missiva- la preoccupazione che il rogo inneschi un conflitto tra le religioni". Il presidente americano, di recente nel mirino delle critiche della destra per aver dato un via libera politico alla costruzione di una moschea vicina a Ground Zero, ha condannato come "deleterio" il rogo annunciato d Jones. In un'intervista al canale ABC il presidente americano ha definito il gesto "fruttuoso per la campagna di reclutamento " di al Qaeda. Il gesto di Jones, ha aggiunto Obama, potrebbe generare "violenze gravi in Afghanistan e in Pakistan e alimentare il reclutamento di individui desiderosi di farsi esplodere nelle città americane ed europee. Spero che costui (Jones, ndr) sia uno motivato dalla fede". L'Islam radicale si prepara ad un confronto duro, simile a quello che vide l'Occidente sotto accusa per le vignette blasfeme su Maometto. Ma si muove anche l'Islam moderato. Il rettore dell'Istituto musulmano della Grande Moschea di Parigi ha invitato a non reagire al rogo dei Corani minacciato da un pastore battista americano. "Chiedo ai miei correligionari di non cedere alla provocazione e di rispondere con saggezza, esprimendo compassione", ha dichiarato Dalil Boubakeur, a Radio Monte Carlo. Boubaker ha criticato l'iniziativa annunciata per l'11 settembre: "È una data che addolora e rattrista tutta l'umanità, perchè prendersela con i musulmani? Gli autori della strage erano terroristi, gente spregevole che non rappresenta in alcun modo l'opinione dei musulmani".
9 settembre 2010 LA SVOLTA DI OBAMA Obama: aiuti alla classe media via gli sgravi per i ricchi Meno tasse per il ceto medio e alle aziende che creano lavoro in Usa. Più tasse per i ricchi che devono tornare a pagare all'erario quanto davano ai tempi di Clinton. A sole otto settimane dal voto di medio termine, il Presidente Usa Barack Obama difende con vigore il suo programma economico e accusa i Repubblicani di voler ritornare alla "politica dissennata" che ha spinto gli Stati Uniti nella peggiore recessione dai tempi della Grande depressione degli anni '30. "I repubblicani stanno perseguendo la stessa filosofia che ci ha portato in questa brutta situazione: più tagli fiscali ai milionari e meno regole per le grandi compagnie", attacca Obama dal palco di Cleveland nell'Ohio, sottolineando che la sua amministrazione non punta "a punire i ricchi" ma il Paese non si può permettere di rinunciare a "700 miliardi di dollari" di entrate. Il Presidente riconosce che la ripresa è stata "dolorosamente lenta" e promette "tagli fiscali a tutti gli americani che guadagnano meno di 250 mila dollari" con l'obiettivo che "le riduzioni fiscali per la classe media debbano essere permanenti" perchè "non può esistere una economia forte e in crescita senza una classe media forte e in crescita". Per chi guadagna di più, afferma Obama, "la quota fiscale dovrà tornare a quella in vigore con la presidenza Clinton" perchè i tagli alle tasse dei "milionari e dei miliardari" non fanno nulla per stimolare la crescita. Il Presidente Usa ha poi esortato il Congresso a ridurre le tasse per le aziende che creano posti di lavoro negli Usa e ad approvare il grande piano d'infrastrutture, per 50 miliardi di dollari in sei anni, volto a rilanciare il settore del trasporto su terra, in particolare l'alta velocità. E intanto oggi la Federal Reserve ha avvertito che anche se l'economia statunitense continua a crescere, "tra luglio ed agosto ha mostrato ampi segnali di rallentamento". Nel suo Beige Book l'Istituto centrale Usa ha spiegato che l'economia non sta entrando in una fase di contrazione ma "la ripresa si è raffreddata rispetto ai mesi precedenti". Il rapporto della Fed sottolinea che "il settore manifatturiero continua ad espandersi ma mostra segnali di rallentamento, i consumi tutto sommato crescono" mentre sono in "deciso calo le compravendite immobiliari".
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CORRIERE della SERA
per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2010-09-12 Nel nono anniversario della strage New York si ferma per ricordare la strage Obama: non cediamo alle divisioni Minuti di silenzio negli anniversari dell'impatto degli aerei e dei crolli delle due Torri. Letti i nomi dei caduti Nel nono anniversario della strage New York si ferma per ricordare la strage Obama: non cediamo alle divisioni Minuti di silenzio negli anniversari dell'impatto degli aerei e dei crolli delle due Torri. Letti i nomi dei caduti Gli studenti della Pepperdine University a hanno piantato 3mila bandiere in ricordo delle vittime (Ap) Gli studenti della Pepperdine University a hanno piantato 3mila bandiere in ricordo delle vittime (Ap) MILANO - Alle 8.46 in punto (le 14.46 in Italia) è stato osservato un primo minuto di silenzio, nel momento in cui il primo aereo si andò a schiantare sulla prima Torre. Nel nono anniversario degli attentati dell'11 settembre 2001, New York celebra la memoria e il ricordo in un’atmosfera diversa da quella degli anni precedenti. Nell'area dove sorgevano le Twin Tower del World Trade Center, complice anche al giornata di sole che splende su New York e la temperatura gradevole (attorno ai 20C), si sono raccolte centinaia di persone, in un silenzio quasi irreale interrotto solo dal suono dei tamburi e dalle cornamuse della banda della Polizia e dal Young People’s Chorus of New York che ha intonato l’inno nazionale americano, seguito da uno scrosciante applauso. NEW YORK SI ZITTISCE TRE VOLTE - Sono previsti altri tre minuti di silenzio: alle 9.30 (le 15.03 in Italia), quando il secondo aereo colpì la Torre meridionale, alle 9.59 (le 15.59 in Italia), quando crollò la prima Torre, e alle 10.28 (16.28 in Italia), quando crollò la seconda Torre. Il sindaco di New York Michael Bloomberg ha introdotto il primo minuto di silenzio suonando una campanella. "Nessuna tragedia ha mai scosso in questo modo la nostra città. Le persone che abbiamo perso vivono nel nostro cuore", ha detto . Poco dopo, Larry McGovern, parente di una delle persone che hanno perso la vita durante gli attentati, ha ricordato il dolore e la tragedia delle famiglie che hanno detto addio ai loro cari. Bloomberg ha poi dato inizio alla lettura dei nomi delle 2.752 persone morte durante gli attentati. Nel corso della celebrazione, è previsto un intervento del vicepresidente americano Joe Biden. Bandiere e foto per ricordare Bandiere e foto per ricordare Bandiere e foto per ricordare Bandiere e foto per ricordare Bandiere e foto per ricordare Bandiere e foto per ricordare Bandiere e foto per ricordare Bandiere e foto per ricordare OBAMA - Lo stesso presidente ha osservato un minuto di silenzio alle 8.46. Barack Obama è al Pentagono, come aveva deciso di fare anche lo scorso anno. Il presidente Barack Obama ha esortato gli americani a non lasciarsi andare alle divisioni all' "esacerbazione". "Ogni anno, di questi tempi, rinnoviamo la nostra determinazione a lottare contro coloro che hanno perpetrato questi barbari atti di terrorismo", ha premesso Obama nel suo consueto discorso settimanale in cui ha assicurato: "Non allenteremo mai la difesa di questo paese". "È spesso in tali momenti - ha affermato ancora il presidente statunitense che alcuni cercano di stimolare l'esacerbazione, di dividerci sulla base delle nostre differenze, di renderci ciechi su ciò che abbiamo in comune". L’ultima settimana è stata lacerata dalle polemiche circa la costruzione di una moschea a Ground Zero e dal progetto del reverendo Terry Jones della Florida che aveva annunciato l’intenzione di bruciare copie del Corano in questa giornata, contro il terrorismo islamico. Obama nell’uno e nell’altro caso aveva lanciato appelli alla tolleranza. "Ma in questo giorno - ha detto ancora Obama riferendosi all' 11 settembre - ci ricordiamo che quando diamo il meglio di noi stessi non cediamo a questa tentazione" di dividersi. "Siamo solidali gli uni con gli altri - ha aggiunto il presidente - lottiamo gli uni per gli altri". "Non lasciamo che ci condizioni la paura, bensì la speranza che nutriamo per le nostre famiglie, il nostro paese e per un avvenire migliore", ha affermato Obama esortando: "portiamo il lutto per i nostri scomparsi, onoriamo la memoria di coloro che si sono sacrificati e facciamo del nostro meglio per essere all'altezza dei valori che condividiamo". IL PASTORE - A New York si trova anche il pastore evangelico Terry Jones che ha deciso di rinunciare al piano di bruciare copie del Corano. Il reverendo ha rilasciato un’intervista alla trasmissione "Today" di Nbc, dove ha detto che l’obiettivo della sua chiesa era "palesare che alcuni elementi dell’Islam sono molto pericolosi e radicali", un obiettivo "sicuramente raggiunto". Redazione Online 11 settembre 2010(ultima modifica: 12 settembre 2010)
2010-09-11 Nel nono anniversario della strage 11 settembre: un minuto di silenzio Nel momento in cui il primo aereo si schiantò. New York si bloccherà altre due volte, all'ora degli schianti. Obama dal Pentagono: "Non cediamo a tentazione di dividerci" Nel nono anniversario della strage 11 settembre: un minuto di silenzio Nel momento in cui il primo aereo si schiantò. New York si bloccherà altre due volte, all'ora degli schianti. Obama dal Pentagono: "Non cediamo a tentazione di dividerci" Gli studenti della Pepperdine University a hanno piantato 3mila bandiere in ricordo delle vittime (Ap) Gli studenti della Pepperdine University a hanno piantato 3mila bandiere in ricordo delle vittime (Ap) MILANO - Alle 8.46 in punto (le 14.46 in Italia) è stato osservato un primo minuto di silenzio, nel momento in cui il primo aereo si andò a schiantare sulla prima Torre. Nel nono anniversario degli attentati dell'11 settembre 2001, New York celebra la memoria e il ricordo in un’atmosfera diversa da quella degli anni precedenti. Nell'area dove sorgevano le Twin Tower del World Trade Center, complice anche al giornata di sole che splende su New York e la temperatura gradevole (attorno ai 20C), si sono raccolte centinaia di persone, in un silenzio quasi irreale interrotto solo dal suono dei tamburi e dalle cornamuse della banda della Polizia e dal Young People’s Chorus of New York che ha intonato l’inno nazionale americano, seguito da uno scrosciante applauso. NEW YORK SI ZITTISCE TRE VOLTE - Sono previsti altri tre minuti di silenzio: alle 9.30 (le 15.03 in Italia), quando il secondo aereo colpì la Torre meridionale, alle 9.59 (le 15.59 in Italia), quando crollò la prima Torre, e alle 10.28 (16.28 in Italia), quando crollò la seconda Torre. Il sindaco di New York Michael Bloomberg ha introdotto il primo minuto di silenzio suonando una campanella. "Nessuna tragedia ha mai scosso in questo modo la nostra città. Le persone che abbiamo perso vivono nel nostro cuore", ha detto . Poco dopo, Larry McGovern, parente di una delle persone che hanno perso la vita durante gli attentati, ha ricordato il dolore e la tragedia delle famiglie che hanno detto addio ai loro cari. Bloomberg ha poi dato inizio alla lettura dei nomi delle 2.752 persone morte durante gli attentati. Nel corso della celebrazione, è previsto un intervento del vicepresidente americano Joe Biden. OBAMA - Lo stesso presidente ha osservato un minuto di silenzio alle 8.46. Barack Obama è al Pentagono, come aveva deciso di fare anche lo scorso anno. Il presidente Barack Obama ha esortato gli americani a non lasciarsi andare alle divisioni all' "esacerbazione". "Ogni anno, di questi tempi, rinnoviamo la nostra determinazione a lottare contro coloro che hanno perpetrato questi barbari atti di terrorismo", ha premesso Obama nel suo consueto discorso settimanale in cui ha assicurato: "Non allenteremo mai la difesa di questo paese". "È spesso in tali momenti - ha affermato ancora il presidente statunitense che alcuni cercano di stimolare l'esacerbazione, di dividerci sulla base delle nostre differenze, di renderci ciechi su ciò che abbiamo in comune". L’ultima settimana è stata lacerata dalle polemiche circa la costruzione di una moschea a Ground Zero e dal progetto del reverendo Terry Jones della Florida che aveva annunciato l’intenzione di bruciare copie del Corano in questa giornata, contro il terrorismo islamico. Obama nell’uno e nell’altro caso aveva lanciato appelli alla tolleranza. "Ma in questo giorno - ha detto ancora Obama riferendosi all' 11 settembre - ci ricordiamo che quando diamo il meglio di noi stessi non cediamo a questa tentazione" di dividersi. "Siamo solidali gli uni con gli altri - ha aggiunto il presidente - lottiamo gli uni per gli altri". "Non lasciamo che ci condizioni la paura, bensì la speranza che nutriamo per le nostre famiglie, il nostro paese e per un avvenire migliore", ha affermato Obama esortando: "portiamo il lutto per i nostri scomparsi, onoriamo la memoria di coloro che si sono sacrificati e facciamo del nostro meglio per essere all'altezza dei valori che condividiamo". IL PASTORE - A New York si trova anche il pastore evangelico Terry Jones che ha deciso di rinunciare al piano di bruciare copie del Corano. Il reverendo ha rilasciato un’intervista alla trasmissione "Today" di Nbc, dove ha detto che l’obiettivo della sua chiesa era "palesare che alcuni elementi dell’Islam sono molto pericolosi e radicali", un obiettivo "sicuramente raggiunto". Redazione Online 11 settembre 2010
IN CONCOMITANZA DELL'11 SETTEMBRE I talebani: "Gli Usa hanno fallito, per loro resta il ritiro dall'Afghanistan" Messaggio in lingua pashtu diffuso a Kandahar IN CONCOMITANZA DELL'11 SETTEMBRE I talebani: "Gli Usa hanno fallito, per loro resta il ritiro dall'Afghanistan" Messaggio in lingua pashtu diffuso a Kandahar Soldati Usa in Afghanistan (Reuters) Soldati Usa in Afghanistan (Reuters) MILANO - Gli Stati Uniti hanno fallito in Afghanistan e nove anni dopo l'11 settembre 2001 a loro si presenta una sola opzione: ritirarsi. È quanto proclamano i talebani afghani in un messaggio per marcare l'anniversario del crollo delle Torri Gemelle. "Nove anni dopo l'11/9 e dopo aver tentato tutte le soluzioni militari possibili in Afghanistan, (gli americani) hanno perduto ogni possibilità di instaurare la pace" e a loro "non resta ormai altro che un'unica scelta: ritirare le loro forze dall'Afghanistan senza condizioni", si legge nel testo in lingua pashtu diffuso a Kandahar, nel sud. "Essi (gli americani) non hanno il diritto di imporre condizioni o precondizioni al loro ritiro dall'Afghanistan, sia perchè lo hanno invaso e l'occupano in modo illegale, sia perchè sono stati sconfitti", dice il comunicato dei talebani. (Fonte Ansa) 11 settembre 2010
11 settembre Napolitano: Contrastare terrorismo e violenza. Creare un ordine internazionale Il presidente della Repubblica scrive ai parenti delle vittime e rinnova la "fraterna vicinanza dell'Italia all'amico popolo americano" 11 settembre Napolitano: Contrastare terrorismo e violenza. Creare un ordine internazionale Il presidente della Repubblica scrive ai parenti delle vittime e rinnova la "fraterna vicinanza dell'Italia all'amico popolo americano" MILANO - "Contrastare il terrorismo in tutte le sue forme ed opporre un fermo rifiuto ad ogni manifestazione di violenza, sempre e comunque inaccettabile in quanto nemica della pace, delle libertà fondamentali, della dignità della persona umana e del diritto alla vita". Sono le parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione dell'anniversario degli attacchi terroristici dell'11 settembre del 2001. Il presidente ha sottolineato la coerenza italiana nel perseguire questi obiettivi e creare le condizioni per un "ordine internazionale" basato sulla giustizia, sul dialogo e sul "rispetto reciproco tra religioni e civiltà". Il capo dello Stato ha rivolto un messaggio a quanti, familiari delle vittime, autorità e cittadini, parteciperanno alle diverse cerimonie della giornata odierna negli Stati Uniti, in Italia e negli altri paesi, con l'espressione dei suoi sentimenti di autentica solidarietà. "L'anniversario dei devastanti attacchi terroristici che colpirono New York e Washington l'11 settembre di nove anni fa - scrive - è l'occasione per rinnovare l'espressione della fraterna vicinanza dell'Italia all'amico popolo americano, duramente provato da una violenza vile e ingiustificabile. I terribili attentati sul suolo americano sono stati purtroppo seguiti da altri attacchi parimenti distruttivi che hanno colpito città europee, africane e asiatiche". "La comunità internazionale - prosegue Napolitano - ha tuttavia saputo reagire con fermezza nella consapevolezza della necessità di contrastare il terrorismo in tutte le sue forme e di opporre un fermo rifiuto ad ogni manifestazione di violenza, sempre e comunque inaccettabile in quanto nemica della pace, delle libertà fondamentali, della dignità della persona umana e del diritto alla vita". "Tale rifiuto richiede inoltre che si combattano alle radici e con eguale determinazione quelle cause che ostacolano il pieno raggiungimento di un ordine internazionale fondato sulla giustizia e sul rispetto dei diritti inviolabili dell'individuo, e che si promuovano in ogni circostanza le ragioni del dialogo e del rispetto reciproco tra i popoli e le culture, tra le religioni e le civiltà. L'Italia è stata ed è - conclude il presidente della Repubblica - coerentemente e fermamente impegnata per il conseguimento di questi obiettivi". Rdazione Online 11 settembre 2010
"Siamo una sola nazione davanti a Dio. E non importa quale sia il nome di questo Dio" Obama: "Bisogna uccidere Bin Laden" Il capo della Casa Bianca: è una priorità. Sulla moschea a Ground Zero: "Non siamo in guerra con l'Islam" "Siamo una sola nazione davanti a Dio. E non importa quale sia il nome di questo Dio" Obama: "Bisogna uccidere Bin Laden" Il capo della Casa Bianca: è una priorità. Sulla moschea a Ground Zero: "Non siamo in guerra con l'Islam" MILANO - Catturare o uccidere Osama Bin Laden, il cervello degli attentati dell'11 settembre 2001, e con lui i suoi più stretti collaboratori, a partire da Al Zawahiri, "è estremamente importante" e rimane "una delle priorità assolute" dell'amministrazione Usa. Lo ha indicato il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, parlando con i giornalisti alla Casa Bianca alla vigilia dell'anniversario degli attentati a New York e Washington da cui venne poi originato l'intervento militare in Afghanistan. "NON SIAMO CONTRO L'ISLAM" - Obama ha precisato che l’America non è in guerra contro l’Islam, ma contro il terrorismo. E ha aggiunto che la maggioranza degli americani crede nella tolleranza religiosa, e sa bene quali siano i veri nemici degli Stati Uniti. L'intervento è in relazione alle tensioni religiose che hanno investito gli States dopo il controverso progetto di aprire un Centro islamico a pochi isolati da Ground Zero, che Obama non osteggia. "Siamo una sola nazione davanti a Dio - ha detto -. E non importa quale sia il nome di questo Dio". Per questo motivo, ha evidenziato, "nessuno riuscirà a farci del male con divisioni basate su differenze religiose o etniche". Il presidente non ha fatot un espresso riferimento al pastore della Florida che ha minacciato di bruciare il Corano. Tuttavia ha voluto ribadire che gli Usa "non sono mai stati in guerra con l'Islam, ma con i terroristi di Al Qaeda", i quali "hanno fatto molte più vittime tra i musulmani". I NEGOZIATI IN MEDIO ORIENTE - Obama ha parlato anche del Medio Oriente e ha detto di prevedere "enorme ostacoli" sui colloqui di pace in corso. Ma comunque, ha aggiunto, vale la pena rischiare. I colloqui della scorsa settimana, ha detto ancora il capo della Casa Bianca, "sono andati oltre le aspettative" e sia Netanyahu che Abu Mazen "sono arrivati al tavolo con grossa serietà e cordialità, oltre ogni aspettativa". Redazione online 10 settembre 2010
Terry Jones cambia idea e torna a minacciare la sua iniziativa per l'11 settembre Il reverendo: "Non brucio il Corano" In Afghanistan ucciso un manifestante La vittima durante una protesta contro il rogo davanti a una base Nato nel nord del paese * NOTIZIE CORRELATE * Corano al rogo: il pastore Jones rinuncia (9 settembre 2009) * Il Vaticano interviene sul Koran Burning Day: "Il rogo del Corano è un oltraggio" (8 settembre 2010) * L’appello di Petraeus al pastore anti-Islam: "No al rogo del Corano" (8 settembre 2010) Terry Jones cambia idea e torna a minacciare la sua iniziativa per l'11 settembre Il reverendo: "Non brucio il Corano" In Afghanistan ucciso un manifestante La vittima durante una protesta contro il rogo davanti a una base Nato nel nord del paese Il reverendo Jones con Muhammad Musri, Il reverendo Jones con Muhammad Musri, NEW YORK - Il reverendo tiene il mondo con il fiato sospeso ma alla fine sembra aver deciso di rinunciare al rogo del Corano. La sua decisione, prima ritirata e poi di nuovo in parte rilanciata, di voler bruciare in piazza una copia del Corano in occasione dell'11 settembre, ha comunque già prodotto conseguenze drammatiche e la situazione ha rischiato di diventare esplosiva: un manifestante è stato infatti ucciso con un colpo d'arma da fuoco durante una protesta contro il rogo dei Corani davanti a una base Nato nel nord dell'Afghanistan. Una folla di 10mila persone ha manifestato per le strade della città al termine delle preghiere dell'Eid, la festività che segna la fine del Ramadan. Alcuni manifestanti hanno lanciato pietre contro la base e uno di loro è stato ucciso quando i militari hanno sparato, ha riferito il portavoce. Un portavoce dell'Isaf non ha confermato la morte del manifestante, limitandosi a dire che l'Isaf è a conoscenza della manifestazione svoltasi nel capoluogo della provincia di Badakhshan. Poco prima di questi drammatici incidenti il presidente Karzai aveva detto che il pastore della Florida Terry Jones "non avrebbe dovuto nemmeno pensare" di poter bruciare copie del Corano. Intanto interviene anche la firma del reverendo: "Mio padre ha bisogno di aiuto... penso che sia impazzito" ha detto Emma Jones al settimanale tedesco Der Spiegel. "Quando sento ciò che dice nelle interviste sulle sue ragioni, mi sembra un altro", ha aggiunto la donna che non parla con il padre ormai da un paio d'anni. LE ALTRE PROTESTE - Si estende intanto in almeno cinque province dell'Afghanistan la protesta di migliaia di manifestanti contro la minaccia del pastore protestante della Florida Terry Jones di bruciare copie del Corano. Lo riferiscono responsabili locali. Diverse centinaia di dimostranti si sono radunati nella parte nord di Kabul, mentre circa 2.000 persone hanno marciato verso un edificio governativo a Farah. E proteste anche a Badghis, nel nord-ovest, e a Ghor e a Herat. La protesta monta anche in Pakistan dove circa 600 manifestanti si sono radunati nella città di Multan, nel centro del Paese, e bandiere americane sono state date alle fiamme. Secondo un portavoce governativo locale, oggi un dimostrante è rimasto ucciso davanti ad una base Nato gestita dai tedeschi nel nord-est dell'Afghanistan dopo che i militari hanno aperto il fuoco. IL RIPENSAMENTO DEL REVERENDO - La situazione, che rischia di degenerare, è tutta legata al pastore Terry Jones che, dopo aver annunciato che non avrebbe più bruciato nulla nell’anniversario dell’11 settembre 2001, ci ha ripensato. E poi ci ha ripensato ancora. L'ultima sua dichiarazione è: "Non brucerò il Corano domani". Poi ha accusato un imam della Florida di averlo ingannato promettendogli che il previsto centro islamico di Ground Zero a New York non sarebbe stato realizzato. Insomma Jones alla fine dice no, sia agli appelli del presidente Obama, sia al magnate Donald Trump che si era offerto di comprare la maggioranza delle quote del centro islamico per mettere fine alla controversia. In una prima conferenza stampa Jones si era spinto fino a sostenere che l’imam "sposterà la moschea" prevista a New York, ma la dichiarazione è stata immediatamente smentita. L’imam Feisal Abdul Rauf ha infatti dichiarato di non aver parlato con il reverendo Jones né con Muhammad Musri, l’imam di Orlando che avrebbe fatto da intermediario tra New York e Gainesville. Musri, presidente della Islamic Society of Central Florida, ha detto dopo la conferenza stampa che questo accordo non c’e’ mai stato. L’unico impegno che avrebbe ottenuto da Rauf sarebbe stato quello di incontrare lui e Jones sabato a New York. "Al momento, non cancelliamo l'azione ma la sospendiamo" ha detto Jones alla fine. Il segretario della Difesa Usa, Robert Gates, ha parlato personalmente con lui per sollecitarlo a non procedere con la sua intenzione, secondo quanto riferito da un funzionario del Pentagono. "CI HANNO MENTITO" - Ore dopo, in una seconda conferenza stampa, Jones ha detto che Musri "chiaramente, chiaramente ci ha mentito". "Dato quello che stiamo sentendo, siamo ora costretti a ripensare la nostra decisione", ha dichiarato. "Quindi allo stato attuale, non cancelliamo l’evento, ma lo sospendiamo". Aveva ricevuto anche una telefonata dal ministro della Difesa. Fino a ieri, ufficialmente il pastore non aveva mai citato la moschea di New York come motivo per bruciare i Corani. Giovedì Jones ha ricevuto una telefonata dal segretario alla Difesa Robert Gates e anche l’Fbi avrebbe avuto contatti con lui in Florida, mentre l’Interpol aveva lanciato un’allerta globale affermando che c’è il rischio di una recrudescenza del terrorismo. Quasi contemporaneamente al primo intervento di Jones, il magnate delle costruzioni Donald Trump aveva fatto un’offerta d’acquisto per uno dei maggiori investitori nella partnership immobiliare che realizzerà il centro islamico. Trump ha offerto all’investitore Hisham Elzanaty di acquistare la sua quota nel centro islamico, noto come Park51, ad un prezzo del 25% superiore a quello di mercato. Trump ha affermato di voler fare l’offerta non per la buona posizione del palazzo ma per mettere fine alla controversia. SISTANI: "I MUSULMANI NON ATTACCHINO LE CHIESE" - L'iniziativa di Terry Jones è "ignobile" e "non si addice alle funzioni di una guida religiosa e spirituale", che dovrebbe predicare il "rispetto reciproco tra i fedeli delle varie religioni". È questo il commento dell'ayatollah Ali Sistani, leader spirituale degli sciiti iracheni, che in un suo comunicato esorta tuttavia i musulmani a non attaccare le chiese dell'Iraq per vendetta. AHMADINEJAD: "COMPLOTTO SIONISTA" - Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha definito un "complotto sionista" la minaccia del pastore. "C'è un complotto sionista (...)", ha detto Ahmadinejad durante una riunione con i responsabili della Repubblica islamica alla presenza della guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei. "Questo tipo di azioni accelererà la caduta e l'annientamento dei loro protettori che sono sull'orlo di scomparire" ha aggiunto. OSSERVATORE ROMANO - Sull'annuncio del reverendo Terry Jones l'Osservatore Romano ha definito l'iniziativa "irresponsabile", che ha portato la "tensione alle stelle" e ha innescato in tutto il mondo "un pericoloso meccanismo di reazione", scrive il quotidiano della Santa sede in prima pagina, in un articolo dal titolo "Il pastore della Florida e la minaccia terroristica globale. "Il protagonista della vicenda sembra avere rinunciato ai suoi provocatori propositi - aggiunge l'Osservatore Romano -. Il Koran Burning Day non avrà luogo, ma in tutto il mondo si è ormai innescato un pericoloso meccanismo di reazione fomentato da un enorme circuito mediatico". Redazione online 10 settembre 2010
2010-09-10 11 settembre - Il piano Gli indizi ignorati della strage che colpì l'America al cuore Anche la storia del piano d'attacco dimostra come l'idea sia venuta da lontano * NOTIZIE CORRELATE * Dal nostro archivio - 11 settembre, tutte le immagini 11 settembre - Il piano Gli indizi ignorati della strage che colpì l'America al cuore Anche la storia del piano d'attacco dimostra come l'idea sia venuta da lontano Quelli di Al Qaeda hanno appiccato il fuoco e si godono l'incendio. Ogni tanto - e quando possono - lo alimentano con una strage. Oppure sfruttano la "legna" fornita generosamente da altri: l'idea di aprire una moschea a due isolati da Ground Zero, il predicatore folle della Florida e qualsiasi provocazione - vera o presunta - che appaia sulla faccia della Terra. Certo, non è il sollevamento popolare che sognava Bin Laden quando ha lanciato l'attacco all'America, ma è una lunga coda di veleni e violenze sulla quale Al Qaeda vuole mettere il suo marchio. Anche se molti esperti ritengono che Osama sia diventato irrilevante. Quasi volessero privarlo dei "meriti" jihadisti che si è guadagnato spargendo il sangue dei nemici. E si aggiunge, misurando la forza del terrore dal numero di vittime, che i qaedisti sarebbero meno letali. G. O. WASHINGTON - La nuova Pearl Harbor americana inizia alle 8.46 dell'11 settembre 2001, quando l'American Airlines 11 si schianta sulla Torre Nord del World Trade Center a New York. Alle 9.03, il volo United 175 centra la Torre Sud. Alle 9.37 è un altro jet dell'American Airlines (volo 175) a precipitare sul Pentagono, a Washington. Infine si disintegra al suolo in Pennsylvania il volo United 93: doveva colpire la capitale. Gli aerei sono stati dirottati da 19 terroristi di Al Qaeda, divisi in quattro nuclei, e poi lanciati sugli obiettivi. Delle 2965 vittime dell'attacco (cifra che include WTC, Pentagono e volo 93) quasi la metà non sono state identificate. Circa 800 hanno un nome grazie al Dna. A nove anni dal massacro vengono ancora ritrovati dei resti: l'ultima volta è avvenuto alla fine di giugno durante lavori di scavo vicino a Ground Zero quando sono emersi 72 "reperti". Questi osservatori possono aver ragione, ma solo in parte. Perché come è accaduto troppo spesso si è fatta partire la "storia" dalla mattina dell'11 settembre 2001, quando i quattro jet sono stati trasformati in missili da crociera per attaccare i simboli della potenza americana. Il cuore finanziario a New York, il Pentagono a Washington. L'assalto affidato ai "19 martiri" non è l'inizio ma la fine di una lunga marcia iniziata quasi dieci anni prima. E al pari di altre formazioni islamiste, il movimento di Osama è arrivato al grande colpo attraverso molte fasi. Hanno tentato una prima volta nel 1993 - con l'autobomba sotto le Torri - quindi sono tornati ad agire in Medio Oriente con attacchi locali, legati però a bersagli stranieri. Gli attentati ai turisti in Egitto, operazioni in Pakistan e nello Yemen, sostegno agli insorti somali e una bomba in un locale in Sud Africa. IL MANIFESTO - Osama si è sentito abbastanza forte per dichiarare guerra - nel 1996 - a "ebrei e crociati". Ha anche pubblicato un manifesto dove spiegava quali fossero le sue intenzioni. È stato registrato in modo distratto, non esaminato con il dovuto rigore. Così Bin Laden, raccolte le forze esigue e modellato un network internazionale - sempre molto agile - ha colpito con duplice attentato in Africa (agosto 1998). Due ambasciate americane devastate a Nairobi e Dar Es Salam, centinaia di vittime e il ricorso alla tattica preferita: azione multipla, con kamikaze e veicoli pieni di esplosivo. Finalmente si sono accorti del pericolo che rappresentava ma non hanno avuto abbastanza fegato per eliminare il Califfo. Nei tre anni seguenti, sotto l'ombrello dei talebani, Osama ha attirato seguaci da tutto il mondo e ha avviato l'operazione del 9/11 usando l'asse Afghanistan-Pakistan quale base di partenza. In centinaia sono andati ad addestrarsi nel santuario. Carne da cannone, uomini spendibili. Solo un numero ristretto di eletti - e tali sono considerati dai loro ammiratori - è stato designato per qualcosa che nessuno aveva mai provato a fare. LO SCHEMA - Bin Laden ha ripetuto lo schema del terrorismo ad hoc. Gli serviva un capo operativo abile e deciso. E lo ha trovato nell'ambizioso Khaled Sheikh Mohammed, aiutato dal sodale Ramzi Binalshib. Quindi ha individuato un gruppo ristretto di militanti, diventati il suo "A team". A questo punto ha valutato opzioni, tempi, possibilità. Forse non sapremo mai l'esatto numero dei cospiratori ma non crediamo che sia stato troppo ampio. Nuove valutazioni condotte negli Usa ritengono che in quei mesi i veri qaedisti fossero nell'ordine dei 200-300. Il resto era una massa di volontari che a stento sapevano imbracciare un Kalashnikov. Ma non era l'abilità nel tiro che interessava a Bin Laden: la loro vera forza era la completa adesione all'idea di lotta feroce e di sacrificio estremo. Un impegno trasformatosi in uno stato mentale, dove ogni momento dell'esistenza quotidiana è segnato dall'estremismo. Un intreccio complesso di sentimenti e sensazioni che diventa la molla per i 19 kamikaze. Anche la storia del piano d'attacco dimostra come l'idea venga da lontano. È nel 1996 - o forse un anno prima - che Khaled Sheikh Mohammed, alias Ksm, presenta a Osama un progetto grandioso: il dirottamento simultaneo di una dozzina di aerei con i quali colpire non solo il World Trade Center ma anche la Casa Bianca, il Congresso e altri obiettivi sensibili. Il capo ascolta, poi boccia la proposta ritenendo che sia inattuabile. L'idea, però, rimane nella testa. Ed è proprio Osama, nella primavera del 1999, a convocare Mohammed a Kandahar (Afghanistan) per affidargli l'organizzazione dell'attacco. Un'investitura accompagnata da consigli/ordini sugli uomini da impiegare. Ksm obbedisce, anche se alcuni dei futuri kamikaze non sembrano adatti. Parlano poco l'inglese, conoscono poco dell'America, dove devono vivere da infiltrati. Si va avanti comunque. Mohammed Atta è designato come capo del commando ed emerge una prima lista di obiettivi indicati sempre da Bin Laden. L'INTELLIGENCE - Il tutto dovrebbe avvenire nella massima segretezza, con 2-3 capi di Al Qaeda informati, persino Al Zawahiri sarebbe stato tenuto all'oscuro. Invece si verificano diverse fughe di notizie. Alcune, ha sostenuto Ksm, sono da addebitare allo stesso Califfo. Difficile che le voci non siano captate dalle intelligence: emergono segnalazioni nel 1998 - a Bill Clinton - poi nel 2000, quindi a pochi giorni dal massacro. Note riservate dei russi, dei francesi, dell'Fbi, della Cia. Con l'ultimo memo degli 007 portato da Condoleezza Rice al presidente Bush nel suo ranch in Texas. Era il 6 agosto. Informazioni considerate generiche, minacce definite "non specifiche" ma che se analizzate con un occhio più attento avrebbero forse fermato la macchina distruttrice. I responsabili della sicurezza dovevano incrociarle con quanto predicava da un decennio Bin Laden. Ai terroristi jihadisti va riconosciuta una dote: cercano di mantenere quello che promettono. Guai sottovalutarli. Pericoloso sottostimare la loro fantasia criminale, pur se velleitaria. La mancanza di immaginazione dei servizi di sicurezza - come ha sottolineato la Commissione di inchiesta - ha, infatti, permesso ai complottatori di procedere sotto il radar. I JET - Osama ha fretta, vorrebbe anticipare l'attacco. Ksm si oppone, spiega che i 19 non sono ancora pronti. Dei 4 "piloti" designati - Atta, Al Shehi, Jarrah, Hanjour - solo l'ultimo poteva vantare un background aeronautico: aveva studiato volo dal 1997 al '99, quindi aveva frequentato un corso in Arizona nel dicembre 2000, infine si era esercitato sul simulatore del Boeing 737. E malgrado questo training non era apparso troppo in gamba. Ancora minori le esperienze dei suoi complici: appena 40 ore di volo. Dato ben al di sotto delle 1500 ore richieste dalle autorità federali Usa. C'era poi il problema di condurre i jet dirottati sul bersaglio. Un ostacolo superato - per la commissione di inchiesta - usando i GPS. Quello della preparazione dei "piloti" resta uno dei punti oscuri della trama e che verrà sottolineato da molti, compreso il presidente egiziano Mubarak. Ex ufficiale di aviazione, vecchia volpe del Medio Oriente, avanza dei dubbi. A suo giudizio hanno eseguito una manovra troppo complessa per dei principianti. I risultati, però, sono devastanti. Migliaia di morti, la frattura ideologica, l'odio, la reazione statunitense. Incalzata dall'offensiva alleata, Al Qaeda si rimpicciolisce lasciando il campo ai movimenti regionali. Di nuovo, gli 007 parlano di 100-200 elementi oggi "in servizio". Khaled Sheikh Mohammed, catturato con Binalshib dagli americani, è a Guantanamo dove si è assunto la paternità dell'operazione "dalla A alla Z". Vorrebbe morire sul patibolo e forse è per questo che in un messaggio alla famiglia ha lanciato strani segnali: "Cerco rifugio in lui (Allah, ndr) dal male dentro di noi e dalle nostre cattive azioni". Pentimento? Vedremo. Osama, invece, è sparito, protetto da complicità, voci incontrollabili (vivo/malato/morto) e da un complicato teatro geografico. Con la sua lunga marcia ha trascinato l'Occidente su un terreno insidioso, ha cambiato la nostra esistenza, ha consumato vite e risorse. Bin Laden non ha vinto, però ci ha costretto a raccogliere la sfida. Non si poteva stare a guardare, serviva una risposta per parare altri colpi, ma evitando di eleggere la lotta ai terroristi quale perno della politica occidentale. Così si è finito per fare il gioco di chi voleva la guerra dei mondi. Guido Olimpio 10 settembre 2010
Terry Jones cambia idea e torna a minacciare la sua iniziativa per l'11 settembre Il reverendo: "Non brucio il Corano" In Afghanistan ucciso un manifestante La vittima durante una protesta contro il rogo davanti a una base Nato nel nord del paese * NOTIZIE CORRELATE * Corano al rogo: il pastore Jones rinuncia (9 settembre 2009) * Il Vaticano interviene sul Koran Burning Day: "Il rogo del Corano è un oltraggio" (8 settembre 2010) * L’appello di Petraeus al pastore anti-Islam: "No al rogo del Corano" (8 settembre 2010) Terry Jones cambia idea e torna a minacciare la sua iniziativa per l'11 settembre Il reverendo: "Non brucio il Corano" In Afghanistan ucciso un manifestante La vittima durante una protesta contro il rogo davanti a una base Nato nel nord del paese Il reverendo Jones con Muhammad Musri, Il reverendo Jones con Muhammad Musri, NEW YORK - Il reverendo tiene il mondo con il fiato sospeso ma alla fine sembra aver deciso di rinunciare al rogo del Corano. La sua decisione, prima ritirata e poi di nuovo in parte rilanciata, di voler bruciare in piazza una copia del Corano in occasione dell'11 settembre, ha comunque già prodotto conseguenze drammatiche e la situazione ha rischiato di diventare esplosiva: un manifestante è stato infatti ucciso con un colpo d'arma da fuoco durante una protesta contro il rogo dei Corani davanti a una base Nato nel nord dell'Afghanistan. Una folla di 10mila persone ha manifestato per le strade della città al termine delle preghiere dell'Eid, la festività che segna la fine del Ramadan. Alcuni manifestanti hanno lanciato pietre contro la base e uno di loro è stato ucciso quando i militari hanno sparato, ha riferito il portavoce. Un portavoce dell'Isaf non ha confermato la morte del manifestante, limitandosi a dire che l'Isaf è a conoscenza della manifestazione svoltasi nel capoluogo della provincia di Badakhshan. Poco prima di questi drammatici incidenti il presidente Karzai aveva detto che il pastore della Florida Terry Jones "non avrebbe dovuto nemmeno pensare" di poter bruciare copie del Corano. PROTESTE ANCHE IN ALTRE CINQUE PROVINCE - Si estende intanto in almeno cinque province dell'Afghanistan la protesta di migliaia di manifestanti contro la minaccia del pastore protestante della Florida Terry Jones di bruciare copie del Corano. Lo riferiscono responsabili locali. Diverse centinaia di dimostranti si sono radunati nella parte nord di Kabul, mentre circa 2.000 persone hanno marciato verso un edificio governativo a Farah. E proteste anche a Badghis, nel nord-ovest, e a Ghor e a Herat. La protesta monta anche in Pakistan dove circa 600 manifestanti si sono radunati nella città di Multan, nel centro del Paese, e bandiere americane sono state date alle fiamme. Secondo un portavoce governativo locale, oggi un dimostrante è rimasto ucciso davanti ad una base Nato gestita dai tedeschi nel nord-est dell'Afghanistan dopo che i militari hanno aperto il fuoco. IL RIPENSAMENTO DEL REVERENDO - La situazione, che rischia di degenerare, è tutta legata al pastore Terry Jones che, dopo aver annunciato che non avrebbe più bruciato nulla nell’anniversario dell’11 settembre 2001, ci ha ripensato. E poi ci ha ripensato ancora. L'ultima sua dichiarazione è: "Non brucerò il Corano domani". Poi ha accusato un imam della Florida di averlo ingannato promettendogli che il previsto centro islamico di Ground Zero a New York non sarebbe stato realizzato. Insomma Jones alla fine dice no, sia agli appelli del presidente Obama, sia al magnate Donald Trump che si era offerto di comprare la maggioranza delle quote del centro islamico per mettere fine alla controversia. In una prima conferenza stampa Jones si era spinto fino a sostenere che l’imam "sposterà la moschea" prevista a New York, ma la dichiarazione è stata immediatamente smentita. L’imam Feisal Abdul Rauf ha infatti dichiarato di non aver parlato con il reverendo Jones né con Muhammad Musri, l’imam di Orlando che avrebbe fatto da intermediario tra New York e Gainesville. Musri, presidente della Islamic Society of Central Florida, ha detto dopo la conferenza stampa che questo accordo non c’e’ mai stato. L’unico impegno che avrebbe ottenuto da Rauf sarebbe stato quello di incontrare lui e Jones sabato a New York. "Al momento, non cancelliamo l'azione ma la sospendiamo" ha detto Jones alla fine. Il segretario della Difesa Usa, Robert Gates, ha parlato personalmente con lui per sollecitarlo a non procedere con la sua intenzione, secondo quanto riferito da un funzionario del Pentagono. "CI HANNO MENTITO" - Ore dopo, in una seconda conferenza stampa, Jones ha detto che Musri "chiaramente, chiaramente ci ha mentito". "Dato quello che stiamo sentendo, siamo ora costretti a ripensare la nostra decisione", ha dichiarato. "Quindi allo stato attuale, non cancelliamo l’evento, ma lo sospendiamo". Aveva ricevuto anche una telefonata dal ministro della Difesa. Fino a ieri, ufficialmente il pastore non aveva mai citato la moschea di New York come motivo per bruciare i Corani. Giovedì Jones ha ricevuto una telefonata dal segretario alla Difesa Robert Gates e anche l’Fbi avrebbe avuto contatti con lui in Florida, mentre l’Interpol aveva lanciato un’allerta globale affermando che c’è il rischio di una recrudescenza del terrorismo. Quasi contemporaneamente al primo intervento di Jones, il magnate delle costruzioni Donald Trump aveva fatto un’offerta d’acquisto per uno dei maggiori investitori nella partnership immobiliare che realizzerà il centro islamico. Trump ha offerto all’investitore Hisham Elzanaty di acquistare la sua quota nel centro islamico, noto come Park51, ad un prezzo del 25% superiore a quello di mercato. Trump ha affermato di voler fare l’offerta non per la buona posizione del palazzo ma per mettere fine alla controversia. SISTANI: "I MUSULMANI NON ATTACCHINO LE CHIESE" - L'iniziativa di Terry Jones è "ignobile" e "non si addice alle funzioni di una guida religiosa e spirituale", che dovrebbe predicare il "rispetto reciproco tra i fedeli delle varie religioni". È questo il commento dell'ayatollah Ali Sistani, leader spirituale degli sciiti iracheni, che in un suo comunicato esorta tuttavia i musulmani a non attaccare le chiese dell'Iraq per vendetta. Sistani chiede alle "autorità competenti negli Stati Uniti di agire per impedire che si verifichi questo orribile gesto, che se si compisse avrebbe conseguenze non auspicabili e forse gravi ripercussioni". Secondo la guida religiosa, la libertà d'espressione non può giustificare il fatto di permettere "comportamenti infamanti", che rappresentano un attacco ai simboli sacri di altre fedi, creando terreno fertile per maggiori tensioni, conflitti e violenze. Sistani invita comunque i musulmani di tutto il mondo a mantenere la calma e a resistere alle provocazioni di Jones. Anche le autorità politiche irachene si sono schierate contro la campagna del pastore della Florida. In un suo comunicato, il premier Nuri al-Maliki si è detto convinto che "questo gesto brutale non rientra nel quadro della libertà d'espressione e bisogna intervenire per impedire che si compia". In caso contrario, "danneggerebbe le relazioni tra le religioni e i rapporti tra culture e popoli". AHMADINEJAD: "COMPLOTTO SIONISTA" - Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha definito un "complotto sionista" la minaccia del pastore. "C'è un complotto sionista (...)", ha detto Ahmadinejad durante una riunione con i responsabili della Repubblica islamica alla presenza della guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei. "Questo tipo di azioni accelererà la caduta e l'annientamento dei loro protettori che sono sull'orlo di scomparire" ha aggiunto. 10 settembre 2010
Il "Dr. Jones" e la sua redditizia crociata Il reverendo accusato d'aver usato fondi della chiesa, conduce una vita agiata e il suo libro va a ruba Il caso Il "Dr. Jones" e la sua redditizia crociata Il reverendo accusato d'aver usato fondi della chiesa, conduce una vita agiata e il suo libro va a ruba DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK - Nonostante quell'ironica omonimia con uno dei membri dei Monty Python, il suo grande idolo è Mel Gibson. I poster di Braveheart addobbano i muri del suo ufficio nella chiesa Dove World Outreach di Gainesville, in Florida, dove domani, nono anniversario dell'11 settembre, Terry Jones aveva promesso di dare alle fiamme tutte le copie del Corano inviategli dai sostenitori del suo "International Burn a Quran Day". In realtà il furore anti-islamico del 58enne pastore al centro di una tempesta diplomatica internazionale risale a quando Jones guidava una chiesa cristiana a Colonia, ben prima degli attacchi di Al Qaeda all'America. "Era arrivato in Germania negli Anni 80, convinto che fosse un Paese chiave per un presunto revival cristiano dell'Europa", spiega al settimanale Der Spiegel Andrew Schaefer, responsabile della Chiesa protestante tedesca. "Oggi c'è chi è ancora in terapia", incalza Schaefer, "a causa di quello che molti hanno definito un abuso spirituale da parte di Jones". Il pastore, sempre secondo Schaefer, incitava i membri della comunità a picchiare i figli col bastone, insegnava loro una "particolare demonologia e praticava il lavaggio del cervello". Dopo essere riuscito a far crescere la chiesa da una decina di membri a oltre 1.000 fedeli, fu cacciato nel 2008, quando nella comunità aumentarono gli immigrati turchi. "Fu a causa delle sue idee estremiste - spiega Stephan Baar, cofondatore con Jones della parrocchia -. Aveva ribattezzato Colonia La Porta per l'Inferno e nei suoi sermoni divideva le religioni tra giuste e sbagliate. I soli ad avere ragione per lui erano i cristiani". Ma a dar retta alla figlia, che non ha più contatti con Jones, il padre e la seconda moglie sarebbero stati cacciati dalla congregazione "per aver utilizzato fondi della chiesa per acquistare oggetti personali e finanziare le loro lucrose attività commerciali su eBay". I suoi guai erano iniziati nel 2002, quando i media tedeschi rivelarono che Jones era stato accusato dal tribunale di Colonia di aver utilizzato il titolo di "dottore" pur non avendo mai ottenuto un Dottorato. Nonostante una multa di 3.000 euro, il pastore continua a definirsi "Dr" nel suo sito web. Le controversie l'hanno seguito anche in America. Nell'agosto del 2009 due bambini della sua congregazione furono sospesi dopo essersi presentati a scuola indossando una T-shirt con la scritta "L'Islam è del Diavolo", titolo del suo libro che sta andando a ruba sul Web. All'inizio del 2010 Craig Lowe, candidato a sindaco di Gainesville, fu oggetto di una protesta guidata da Jones perché apertamente gay. "No homo mayor", recitavano i cartelloni affissi fuori dalla Dove World Outreach. Lowe fu eletto comunque, anche perché in questa cittadina progressista di 125.000 abitanti Jones è da sempre considerato come un eccentrico personaggio ai margini che non merita particolare attenzione. "Dio mi ha chiamato e non posso tradirlo", ha dichiarato il pastore quando Gainesville è stata invasa da orde di reporter. Ma in America sono in molti a credere che a motivarlo sia la cupidigia. Magliette, tazze stampate, spille e copie del suo libro Islam is of the Devil vanno a ruba tra i suoi fan che hanno creato un gruppo su Facebook il cui numero di iscritti continua ad aumentare. Jones, immortalato sul sito a cavallo di una luccicante Harley, e la moglie sembrano condurre una vita più che agiata: due appartamenti nella contea di Alachua nella Florida centrale, 5 intestati alla loro chiesa, un appartamento con vista sul mare a tre ore da Treasure Island. "Il contrasto con la chiesa, arredata poveramente e col tetto in metallo, è fortissimo", ironizza il Daily Beast che ha visitato la proprietà dove Jones va in giro armato da quando ha ricevuto minacce di morte. Se Jones ha rinunciato al rogo, secondo alcuni, è solo per convenienza. Gli otto ettari del suo luogo di culto, che per legge dovrebbero essere esenti da tassazioni, hanno perso il loro status privilegiato perché, secondo le autorità, vengono sfruttati a scopo di lucro. Adesso Jones sta raccogliendo fondi per pagare un mutuo aperto di 140.000 dollari, che ora gli viene chiesto di saldare in una unica rata. Ed è stato costretto a mettere in vendita la proprietà: 2,9 milioni di dollari, se si paga in contanti, dal prezzo iniziale di 4 milioni. Alessandra Farkas 10 settembre 2010
2010-09-09 Il presidente Usa ha chiesto al pastore Terry Jones di rinunciare alla sua iniziativa Obama: "Il rogo del Corano è un aiuto ad Al Qaeda " Secondo il Capo della Casa Bianca può diventare uno strumento di reclutamento di nuovi terroristi * NOTIZIE CORRELATE * Il Vaticano interviene sul Koran Burning Day: "Il rogo del Corano è un oltraggio" (8 settembre 2010) * L’appello di Petraeus al pastore anti-Islam: "No al rogo del Corano" (8 settembre 2010) Il presidente Usa ha chiesto al pastore Terry Jones di rinunciare alla sua iniziativa Obama: "Il rogo del Corano è un aiuto ad Al Qaeda " Secondo il Capo della Casa Bianca può diventare uno strumento di reclutamento di nuovi terroristi WASHINGTON - Lo ha definito "deleterio". Il presidente Barack Obama ha affermato senza mezze misure che l'iniziativa annunciata dal pastore della Florida Terry Jones di bruciare il Corano nell'anniversario dell'11 settembre, è un "regalo ai terroristi" e che sarà usato da Al Qaeda come strumento di reclutamento e lo ha invitato a riconsiderare la sua decisione. 09 settembre 2010
STATI UNITI La ricetta di Obama: lavori pubblici e aiuti fiscale per la classe media Il presidente annuncia un nuovo piano anti-crisi Con un occhio alle elezioni di medio termine STATI UNITI La ricetta di Obama: lavori pubblici e aiuti fiscale per la classe media Il presidente annuncia un nuovo piano anti-crisi Con un occhio alle elezioni di medio termine Un aiuto all'economia che ancora non si decide a ripartire, soprattutto facendo ricorso ad agevolazioni fiscali e lavori pubblici, ma con un occhio alle elezioni di mid term, fissate in novembre, che rischiano di trasformarsi in un bagno di sangue per i democratici. Le misure che il presidente degli Stati Uniti barack Obama ha deciso di annunciare nell'atteso discorso a Cleveland, in Ohio, rispondono a questo doppio scopo. Un pacchetto di provvedimenti che mostra una visione dell'America come un posto dove non pensiamo solo all'oggi ma ci preoccupiamo del domani", come ha spiegato il responsabile della Comunicazione della Casa Bianca, Dan Pfeiffer. Il pacchetto vale circa 350 miliari di dollari, con un costo effettivo di circa 180 miliardi. Si tratta di proposte, ricorda ancora Pfeiffer, che si aggiungono al rilancio di altre tre misure a favore della classe media e delle piccole imprese che sono in scadenza o sono ferme al congresso. Ecco i dettagli del piano. INFRASTRUTTURE - Ricostruire strade, ponti e piste aeroportuali: un piano infrastrutturale per 150mila miglia di strade, 4mila miglia di rotaie, 150 miglia di piste aeroportuali e la modernizzazione del sistema di controllo del traffico aereo. Investimento iniziale di 50 miliardi, accompagnato da una riforma di sistema che prevede, tra l'altro, la creazione di una Banca delle infrastrutture. AGEVOLAZIONI RICERCA E SVILUPPO - Espandere, semplificare e rendere permanente il credito d'imposta in ricerca e sviluppo: incremento del credito d'imposta in questo settore di circa il 20% per un ammontare di circa 100 miliardi nei prossimi 10 anni. Tra le novità, incremento al 17% del tasso del credito d'imposta semplificato. FISCO E IMPRESE - Accelerare gli investimenti delle imprese per promuovere la creazione di posti di lavoro: sotto questo capitolo c'è la proposta di deducibilità totale degli investimenti "qualificati" nel 2011, con una retroattività all' 8 settembre. È un incremento rispetto allo sconto già previsto del 50% nel 2008, 2009 e 2010 (l'ultimo anno è nella proposta di legge per le piccole imprese ancora all'esame del Congresso). La misura lascerebbe alle imprese circa 200 miliardi nei prossimi due anni con un impatto effettivo sul bilancio di 30 miliardi nei prossimi dieci anni. Quanto alle altre proposte che saranno rilanciate dal presidente, c'è prima di tutto la proroga permanente dei tagli fiscali che scadono a fine anno per la cosiddetta "classe media": "Siamo pronti, questa settimana, - ha detto Obama - a fare tagli alle tasse a ogni americano che guadagna 250mila dollari o meno. Per ogni reddito superiore a questo tetto, le aliquote fiscali torneranno al livello di quelle esistenti sotto la presidenza Clinton". Insomma, un invito ai Repubblicani a lasciar cadere l'ipotesi di proroga degli sgravi anche per i "ricchi", perchè, ha aggiunto il presidente, "non può esistere una economia forte e in crescita senza una classe media forte e in crescita". Agli sgravi per la classe media si aggiunge poi una agevolazione fiscale ulteriore per le famiglie sul versante della cura e dell'educazione dei figli. E infine l'approvazione della proposta di legge sulle agevolazioni per le piccole imprese da mesi ferma al congresso. Redazione online 08 settembre 2010(ultima modifica: 09 settembre 2010)
2010-09-08 11SETTEMBRE Il Vaticano interviene sul Koran Burning Day: "Il rogo del Corano è un oltraggio" Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ribadisce il no a qualsiasi violenza compiuta in nome di Dio: una perversione degli insegnamenti di ogni religione * OTIZIE CORRELATE * L'11 settembre brucerò il Corano -Video * L’appello di Petraeus al pastore anti-Islam: "No al rogo del Corano" di A Farkas 11SETTEMBRE Il Vaticano interviene sul Koran Burning Day: "Il rogo del Corano è un oltraggio" Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ribadisce il no a qualsiasi violenza compiuta in nome di Dio: una perversione degli insegnamenti di ogni religione Il Corano Il Corano MILANO - Il "Koran Burning Day" preoccupa il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. La proposta di bruciare il Corano in occasione dell'11 settembre, anniversario dei tragici attacchi terroristici che nel 2001 causarono numerose vittime innocenti e ingenti danni materiali, è stata stigmatizzata in un comunicato diffuso alla sala stampa vaticana. "A quei deprecabili atti di violenza, infatti, non si può porre rimedio - si legge - contrapponendo un gesto di grave oltraggio al libro considerato sacro da una comunità religiosa. Ogni religione, con i rispettivi libri sacri, luoghi di culto e simboli ha diritto al rispetto ed alla protezione: si tratta del rispetto dovuto alla dignità delle persone che vi aderiscono ed alle loro libere scelte in materia religiosa". All'iniziativa di Terry Jones, pastore di una chiesa evangelica a Gainesville, in Florida, che ha indetto per l'11 settembre, nono anniversario dell'attacco alle torri gemelle, la "Giornata internazionale del Rogo del Corano" invitando i fedeli a bruciare copie del libro sacro dei musulmani, il Pontificio consiglio ribatte con la riflessione che il ricordo dell'11 settembre impone. "Rinnova, anzitutto i sentimenti di solidarietà con quanti sono stati colpiti dagli orrendi attacchi terroristici, sostiene il Pontificio Consiglio. "A tali sentimenti si unisce la nostra preghiera per essi e per i loro cari che hanno perso la vita", si legge ancora. "Tutti i responsabili religiosi e tutti i credenti sono chiamati anche a rinnovare la ferma condanna di ogni forma di violenza, in particolare quella compiuta in nome della religione". DIRITTO AL RISPETTO - Ma, afferma il dicastero vaticano: "Ogni religione, con i rispettivi libri sacri, luoghi di culto e simboli ha diritto al rispetto ed alla protezione: si tratta del rispetto dovuto alla dignità delle persone che vi aderiscono ed alle loro libere scelte in materia religiosa". Citando poi parole di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI sull'argomento, il Pontificio Consiglio ribadisce che "tutti i responsabili religiosi e tutti i credenti sono chiamati anche a rinnovare la ferma condanna di ogni forma di violenza, in particolare quella compiuta in nome della religione". Il Pontificio Consiglio, definendo la proposta di bruciare il Corano un "gesto irresponsabile e immorale che non aiuta il dialogo interreligioso", ha fatto riferimento a Papa Giovanni Paolo II che, in passato, ebbe ad affermare: "Il ricorso alla violenza in nome di una credenza religiosa è una perversione degli insegnamenti stessi delle maggiori religioni". E sua Santità il Papa Benedetto XVI ha dichiarato che l'intolleranza e la violenza non possono mai essere giustificate come risposte alle offese, perché non sono compatibili con i sacri principi della religione". IL DIRITTO DI FARLO - A New York interviene il sindaco Michael Bloomberg. Ha definito la proposta del pastore Terry Jones un'azione "disgustosa". Ma ha anche sostenuto che il pastore battista che ha minacciato tale iniziativa "ha il diritto di farlo". Bloomberg ha detto di essere sicuro che il pastore non gradirebbe l'atto di veder bruciato un libro che considera sacro. "Ma la sua azione è protetta dal diritto alla libertà di espressione - ha aggiunto il sindaco di New York - non possiamo applicare tale diritto solo alle situazioni che approviamo". LA CONTRAPPOSIZIONE - La "Giornata internazionale del Rogo del Corano" è condannata senza mezzi termini dall'arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako e dall vicario caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni. In un messaggio diffuso in occasione di Eid al-Fitr, mons. Sako, nel presentare ai "fratelli musulmani" di Kirkuk, i migliori auguri, per la fine del Ramadan, condanna "l'appello del pastore Terry Jones a bruciare copie del Corano. Condanniamo questo gesto come irresponsabile e immorale, una violenza non solo nei confronti della religione islamica, ma di tutte le religioni. La posizione di questo pastore è individuale e non rappresenta in alcun modo la posizione dei cristiani". Altrettanto ferma è la posizione di mons. Warduni, che, preoccupato che tale gesto possa innescare una ulteriore spirale di violenza contro i cristiani, ha dichiarato di "condannare fermamente l'iniziativa di Jones. Noi cristiani crediamo in un mondo di amore perchè Dio è amore e quindi mi auguro che la condanna per tale iniziativa sia unanime". "Bruciare il Santo Corano - ha aggiunto - può solo portare ad incomprensioni e divisioni tra le religioni ed i popoli mentre invece compito dell'Uomo è unire e non separare, Noi non ci stancheremo mai di predicare la pace e l'amore per Dio e tra tutti gli uomini" Redazione Online 08 settembre 2010
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REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.repubblica.it/2010-09-11 GROUND ZERO "Sbagliato spostare la moschea l'Islam potrebbe reagire male" L'Imam di New York: "Il mondo islamico si sentirebbe messo sotto attacco dagli Stati Uniti. Sarebbe un messaggio sbagliato, rafforzerebbe gli estremisti nel mondo musulmano, aiuterebbe il loro reclutamento" "Sbagliato spostare la moschea l'Islam potrebbe reagire male" Manifestanti a Ground Zero WASHINGTON - Il giorno dopo il nono anniversario dell'attacco alle torri gemelle 1, resta alta la tensione nei rapporti col mondo musulmano. L'Imam di New York, responsabile del progetto di costruzione di una moschea nei pressi di Ground Zero 2, ha detto di temere fortemente che uno spostamento del luogo di culto spingerebbe il mondo musulmano a reagire, perché si sentirebbe "sotto attacco negli Stati Uniti". "Per quello che riguarda uno spostamento della moschea - ha detto oggi Feisal Abdul Rauf in un'intervista oggi alla Tv ABC - il mio timore più grande è che il mondo musulmano reagisca con grandi titoli che affermano che l'Islam è sotto attacco negli Stati Uniti. Una cosa del genere rafforzerebbe gli estremisti nel mondo musulmano, aiuterebbe il loro reclutamento". L'Imam ha anche detto che il rogo del Corano 3 da parte di un pastore cristiano della Florida "avrebbe dato armi agli estremisti". "Un gesto del genere avrebbe aumentato le possibilità di attacchi terroristi contro gli Stati Uniti e gli interessi americani - ha spiegato - Inoltre avrebbe provocato un disastro nel mondo musulmano". Il pastore Terry Jones aveva rinunciato al rogo del Corano in cambio dello spostamento di una moschea che l'Imam vuole costruire a due isolati da Ground Zero. Ma Rauf ha detto di non avere stipulato alcun accordo del genere col pastore della Florida.
(12 settembre 2010)
11 settembre, il giorno del ricordo tra tensioni, timori e polemiche 11 settembre, il giorno del ricordo tra tensioni, timori e polemiche Oggi il nono anniversario dell'attacco alle torri gemelle e a Washington. Le iniziative negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Il caso del pastore Jones che vuol bruciare il Corano, ma poi ci ripensa. L'appello di Obama, il nostro nemico è al Qaeda, non l'Islam. Paura attentati. Kamikaze fermato a Copenaghen. L'appello di Napolitano (Aggiornato alle 15:53 del 11 settembre 2010) 15:53 Il presidente Usa: "Non abbiamo paura" 23 – ''Noi non abbiamo paura, noi non vogliamo farci sopraffare dalla paura. In un giorno in cui qualcuno ha voluto distruggere, noi decidiamo di costruire'', ha detto Obama 15:49 Obama: "Mai in guerra con l'islam" 22 – Il presidente Barack Obama ha detto che ''l'attacco non è stato compiuto da una religione, ma da Al Qaida: non saremo mai in guerra con l'Islam''. 15:32 Obama: "Il modo migliore per onorare le vittime è restare uniti" 21 – "Il modo migliore per onorare le vittime e per portare avanti con i nostri ideali è quello di restare uniti e combattere le intolleranze". Sono state queste le parole del presidente Obama al Pentagono. "Non bisogna permettere ai terroristi - ha detto - di rinnegare i nostri valori. Sono qui - ha aggiunto - per ringraziare le persone di tutte le razze e tutte le fedi, che sono americane. L'11 settembre ci ricorda quante lacrime dovremmo ancora condividere". 15:29 Pentagono, il secondo minuto di silenzio 20 – Dopo un breve discorso del Capo di Stato Usa, Mike Mullen, che ha ricordato le vittime degli attentati e tutti i sacrifici e le difficoltà affrontate dall'11 settembre 2001, al Pentagono è stato osservato il secondo minuto di silenzio 15:23 Obama depone corona davanti al Pentagono 19 – Il presidente degli Stati Uniti Obama, prima di prendere la parola, ha deposto una corona di fiori davanti al Pentagono 15:11 Bruxelles, manifestazione contro moschea a Ground Zero 18 – Un centinaio di persone, aderenti all'organizzazione ''città contro l'islamizzazione'', ha manifestato a Bruxelles contro il progetto di costruzione di una moschea nei pressi di Ground Zero. I manifestanti, riferisce l'agenzia di stampa Belga, si sono riuniti davanti alla sede del partito della destra xenofoba Vlaams Belang, in piazza Madou, non lontano dall'ambasciata Usa, con cartelli e bandiere americane e fiamminghe. Il leader del partito, Filip Dewinter, ha giudicato il progetto di costruzione della moschea ''una provocazione dei musulmani e uno schiaffo alle vittime degli attentati'' dell'11 settembre. 15:09 Ground Zero: i familiari leggono i nomi delle vittime 17 – A Ground Zero i familiari leggono i nomi delle vittime degli attentati 15:06 Gainesville, accese candele di pace 16 – A Gainesville, la città del pastore Terry Jones, per onorare le vittime di Bin Laden non si brucerà alcun Corano. Al suo posto, tantissimi fedeli, credenti di tutte le religioni, accanto al luogo dove si sarebbe dovuto tenere il 'Koran Burning day' accenderanno delle candele per ricordare tutti insieme le vittime dell'11 settembre. 15:01 Sondaggio: il 12 per cento degli abitanti di New York pensa ogni giorno alla strage 15 – Il 12 per cento degli abitanti di New York pensa ogni giorno alla strage dell'11/9, rivela un sondaggio pubblicato oggi. L'otto per cento degli intervistati ha detto di non pensare mai al giorno dell'attacco terroristico. Il 60 per cento ha detto di pensare all'11/9 almeno qualche volta ogni mese. Rispondendo ad un'altra domanda il 63 per cento degli abitanti di New York intervistati ha detto che il trauma ha rafforzato la loro relazione con gli altri abitanti della Grande Mela. 14:56 Ground Zero: alle 08:46 un minuto di silenzio 14 – Ground Zero, 08:46 locali, nove anni dopo. Dopo un minuto di silenzio, in coincidenza esatta con il momento in cui il primo aereo dirottato da al Qaida penetrò in una delle Torri Gemelle, ha preso la parola il sindaco di New York, Mike Bloomberg, prima dell'inizio dell'ormai tradizionale lettura dei nomi delle quasi 3000 vittime degli attacchi. La Casa Bianca è rappresentata a Ground Zero dal vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden 14:40 Terry Jones: "Non brucero il Corano né oggi né mai" 13 – Terry Jones ha dichiarato che la sua chiesa non brucerà mai il Corano, ''né oggi né mai''. L'annuncio è stato fatto nel corso di un'intervista alla televisione NBC 13:49 Berlusconi: "L'11 settembre data simbolo della lotta terrorismo" 12 – ''Sono passati nove anni da quel giorno che nessuno di noi potrà mai dimenticare''. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha ricordato in una nota l'anniversario degli attentati del 2001 negli Stati Uniti. ''Ancora oggi provo lo sgomento di quelle ore e mi sento, come allora, vicino ai padri, alle madri, ai figli di quelle vittime innocenti e a tutto il popolo americano'', ha aggiunto. ''L'11 settembre è e dovrà sempre essere una data simbolo impressa nel cuore e nelle menti per tutti coloro che si battono contro ogni forma di terrorismo, di integralismo, di fanatismo'', ha concluso Berlusconi. 12:40 Obama: "Non deve vincere la paura, ma la speranza" 11 – ''Siamo una sola nazione, un solo popolo, legato non solo dal lutto, ma anche da ideali comuni''. È questo il messaggio che il presidente americano Barack Obama ha mandato al Paese in occasione dell'anniversario dell'11 settembre, dopo giorni di polemiche sui rapporti con lslam, con minacce di bruciare il Corano e attacchi al progetto di un centro islamico vicino a Ground Zero. ''Questo è un tempo difficile per il nostro Paese. Ed è spesso in questi momenti che c'è chi cerca di alimentare l'amarezza, di dividerci sulla base delle nostre differenze, di accecarci rispetto a quello che abbiamo in comune'', ha avvertito il capo della Casa Bianca. Ma in questo giorno, ha proseguito, ''non dobbiamo cedere a questa tentazione. Dobbiamo stare uno accanto all'altro. Combattere uno accanto all'altro. Non dobbiamo permettere di farci definire dalla paura, ma dalla speranza per le nostre famiglie, la nostra nazione e un futuro più luminoso''. 12:36 Talebani: "Per Usa unica scelta è ritiro da Afghanistan" 10 – Gli Stati Uniti hanno fallito in Afghanistan e nove anni dopo l'11 settembre 2001 a loro si presenta una sola opzione: ritirarsi. È quanto proclamano oggi i talebani afghani in un messaggio per marcare l'anniversario del crollo delle Torri Gemelle. ''Nove anni dopo l'11/9 e dopo aver tentato tutte le soluzioni militari possibili in Afghanistan, (gli americani) hanno perduto ogni possibilità di instaurare la pace'' e a loro ''non resta ormai altro che un'unica scelta: ritirare le loro forze dall'Afghanistan senza condizioni'', si legge nel testo in lingua pashtu diffuso a Kandahar, nel sud. 11:38 Rogo Corano, chiesa del Kansas: "Se non lo fa Jones, lo facciamo noi" 9 – "Il pastore battista Terry Jones rinuncia a bruciare il Corano? Lo faremo noi" assicura la Westboro Baptist Church (Wbc) di Topeka, nel Kansas, una congregazione fondamentalista nota per ''odiare tutto e tutti'', come sottolinea il periodico Time, anche l'America e la bandiera a stelle e strisce. Non sono soli: anche altre formazioni fondamentaliste hanno annunciato delle loro auto da fè private. Ma per l'11 settembre la leader Shirley Phelps-Roper, figlia del fondatore della chiesa di Topeka, Fred Phelps, in un email ripresa da alcuni media Usa online, scrive che se il ''falso profeta Terry Jones'', figlio della ''America dannata'', non darà alle fiamme il libro sacro dell'Islam, definito ''un cumulo di sciocchezze'' ci penserà la Wbc, che vanta di averlo già bruciato nel 2008. 10:59 Rogo Corano: condanna delle chiese battiste italiane 8 – Bruciare il Corano è "un atto di intolleranza e di ostilità": con questa premessa l'Unione delle Chiese Evangeliche Battiste in Italia (Ucebi) condanna la minaccia di bruciare il Corano da parte di Terry Jones, pastore della Florida che - aggiungono i battisti italiani - non risulta essere pastore battista. La piccola comunità (la Dove Worl Outreach Center) non appartiene, infatti, ad alcuna denominazione battista. "la tradizione battista sottolinea il pastore Salvatore Rapisarda, vicepresidente dell'Ucebi - ha fatto della libertà e del rispetto di tutte le fedi uno dei punti irrinunciabili del suo insegnamento ed è incompatibile con l'intolleranza e la violenza espressa dal gesto di dar fuoco al corano". 10:57 Francia: minaccia attentati mai così alta 7 – La minaccia di attentati terroristici in Francia "non è mai stata così elevata". Lo dice il capo dell'antiterrorismo francese Bernard Squarcini in un'intervista al Journal du Dimanche (Jdd). Per lui, la principale fonte di preoccupazione è l'Aqmi, il braccio di Al-Qaida nel Maghreb islamico, che circa un mese fa ha già ucciso un ostaggio francese, Michel Germaneau, e che ora potrebbe agire sul territorio francese. "Oggi siamo allo stesso livello di minaccia del 1995", anno segnato da un'ondata di attentati in Francia, sottolinea ancora il capo della Direzione centrale dell'intelligence interna (Dcri). 10:15 Afghanistan, nuove proteste contro l'iniziativa del pastore Jones 6 – Nnon si placano in afghanistan le proteste contro il progetto del pastore Terry Jones, sospeso ma non annullato, di bruciare le copie del corano. Migliaia di afgani hanno manifestato questa mattina a Puli Alam, capoluogo della provincia orientale di logar. Una protesta che è rapidamente degenerata, con i dimostranti che hanno intonato il coro "morte all'america" e hanno dato fuoco a negozi e posti di blocco della polizia. 10:14 Pompiere scomparso nelle torri "ritrovato" in una foto 5 – Il pompiere di Brooklyn Gary Box morì l'11 settembre 2001 presumibilmente nel crollo delle Torri Gemelle, inghiottito nel nulla: nelle sue ultime ore non ha mai contattato la famiglia e di lui non è stato mai ritrovato nulla, nemmeno una traccia. Ma ora il padre, nove anni dopo, ha trovato un pò di sollievo in una foto che ritrae Gary, allora 35enne, poco prima di morire: un'istantanea emozionante presa da un automobilista danese incastrato nell'ingorgo la mattina dell'11/9 nel Brooklyn Battery Tunnel, che passa sotto il fiume Hudson, in cui Gary, in divisa e con l'elmetto in testa, corre fra le macchine per recarsi alle torri in fiamme. 10:13 Napolitano: contrastare terrorismo e violenza 4 – "Contrastare il terrorismo in tutte le sue forme ed opporre un fermo rifiuto ad ogni manifestazione di violenza, sempre e comunque inaccettabile in quanto nemica della pace, delle libertà fondamentali, della dignità della persona umana e del diritto alla vita" e creare le condizioni per un "ordine internazionale" basato sulla giustizia, sul dialogo e sul "rispetto reciproco tra religioni e civiltà": è quanto afferma il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione dell'anniversario degli attacchi terroristici dell'11 settembre del 2001, sottolineando la coerenza italiana nel perseguire questi obiettivi. 10:12 Sudafrica, tribunale blocca il rogo di una bibbia 3 – Il tribunale di Johannesburg ha impedito il rogo di una Bibbia come risposta al pastore evangelico americano Terry Jones che minaccia di bruciare un Corano il giorno dell'anniversario dell'11 settembre. Lo riferisce il sito israeliano Ynetnews. Il giudice dell'alta corte sudafricana Sita Kolbe ha ingiunto all'uomo d'affari musulmano Mohammed Vawda di non bruciare le Bibbie dato che "la libertà di espressione non è illimitata, se viene esercitata a danno di altri". Vawda ha ammesso in tribunale di aver sbagliato, aggiungendo che non voleva offendere ebrei e cristiani ma solo rispondere all'iniziativa di Jones. E ha chiesto al tribunale che la sentenza sia estesa a tutti testi sacri. La sua richiesta verrà discussa successivamente. 10:11 Ground Zero, in duemila a favore della moschea 2 – Quasi 2 mila persone si sono radunate ieri sera vicino a Ground Zero, luogo degli attentati dell'11 settembre 2001 a New York, per sostenere il controverso progetto di costruzione di una moschea che dovrebbe sorgere nelle vicinanze. Portando delle candele accese, i manifestanti hanno denunciato coloro che si oppongono alla costruzione di un vasto centro culturale islamico, vicino al sito dove sono tate distrutte le Torri Gemelle, accusandoli soprattutto di demonizzare i musulmani e di violare i diritti fondamentali americani. I sostenitori e gli avversari del contestato progetto manifesteranno sabato pomeriggio a New York rispettivamente alle 18 e alle 19. L'iniziativa della costruzione della moschea è sostenuta dal sindaco di New York Michael Bloomberg e dal presidente Barack Obama, ma per i suoi oppositori costituisce un insulto al "suolo sacro" di Ground Zero. 10:09 Il pastore Terry Jones arrivato a New York 1 – Il pastore evangelico Terry Jones, che ha attirato l'attenzione di tutto il mondo minacciando di bruciare una copia del Corano, è arrivato a New York durante la notte. Lo ha confermato la Cnn. "Non ho nulla da dire per il momento", ha dichiarato ai giornalisti mentre saliva su un taxi all'aeroporto LaGuardia. K.A. Paul, un evangelista in contatto con Jones, aveva assicurato ieri che oggi non ci sarà nessun rogo del Corano. Terry Jones sarebbe arrivato a New York per un incontro con l'imam che vuole far costruire una moschea e un centro islamico vicino a Ground Zero. E' stato proprio l'appuntamento con l'imam, sostiene Jones, a farlo desistere dal progetto di bruciare il Corano. Ma l'imam di New York Feisal Abdul Rauf ha sempre smentito di aver accettato un incontro con Jones e di essere pronto a rinunciare al suo centro islamico. Per tutta la giornata di ieri il pastore evangelico, alla guida di una minuscola congregazione in Florida, ha rilasciato dichiarazioni ambigue e constrastanti sul rogo del Corano, anche se alla fine sembra avervi rinunciato. (11 settembre 2010)
2010-09-10 "Sospendo il rogo del Corano" Cei: "Sarebbe un atto nazista" Il mondo appeso alle minacce e ritrattazioni del pastore della Florida Terry Jones che vuole bruciare il libro sacro islamico l'11 settembre. Dura condanna dei vescovi. Obama: "Aiuta al Qaeda". Il dipartimento di Stato: "Pericolo per americani all'estero". E lui ora annuncia la sospensione dell'annunciata provocazione "Sospendo il rogo del Corano" Cei: "Sarebbe un atto nazista" WASHINGTON - Terry Jones ci ripensa di nuovo e annuncia che domani, nono anniversario dell'11 settembre, non brucerà il Corano. Il pastore evangelico della Florida che con la sua provocatoria iniziativa ha messo in allarme il Pentagono, la Casa Bianca e tutto il mondo cristiano, ora dichiara che rinuncerà al suo progetto. Per farlo desistere sono arrivate condanne da tutto il mondo politico e religioso, dagli ebrei al Vaticano. Che oggi ha ribadito la posizione con un paragone da brividi: "Ricorda il rogo dei Talmud ad opera dei nazisti", ha detto la Cei. Ieri Jones aveva annunciato che avrebbe annullato 1 la sua iniziativa, dopo avere ricevuto assicurazione da un imam di Orlando (che fa da intermediario) che non sarebbe stata costruita la moschea nei pressi di Ground Zero. Jones aveva detto che sabato, invece di bruciare copie del libro sacro islamico, si sarebbe recato a New York per discutere lo spostamento della moschea in una località più lontana dal luogo dell'attentato dell'11 settembre 2001. Poi ci aveva ripensato, dicendo che invece sarebbe andato avanti col suo progetto e avrebbe bruciato 200 libri sacri agli islamici. Oggi la nuova marcia indietro: "Non li brucerò domani" aggiungendo di sperare che "l'Imam (di New York, Feisal) manterrà la parola data. Luke Jones, il figlio del pastore della Florida, ha annunciato che suo padre si recherà a New York per incontrare l'Imam Rauf, il promotore della moschea che dovrebbe sorgere a due passi da Ground Zero. Allerta Usa. Il Dipartimento di Stato ha diffuso un allerta ai viaggiatori Usa per possibili dimostrazioni violente anti-americane nel mondo. Anche l'Interpol aveva lanciato un'allerta mondiale per possibili attacchi o attentati. Obama ha esortato Jones "a ripensarci" ammonendo, in una intervista, che il suo gesto diventerebbe "uno strumento di reclutamento per Al Qaeda" e "metterebbe a repentaglio le truppe americane in Iraq e Afghanistan". Obama ha anche sottolineato che il rogo del Corano "potrebbe avere gravi conseguenze in luoghi come l'Afghanistan o il Pakistan. Potrebbe inoltre favorire il reclutamento di gente disposta a farsi saltare in aria in America o in Europa". Proteste dall'Islam. Paesi come l'India e l'Indonesia hanno inviato messaggi alla Casa Bianca perché intervenga per bloccare la iniziativa del pastore della Florida. In Afghanistan e Indonesia ci sono già state manifestazioni di protesta 2. Prima della telefonata di Gates, l'uomo al centro delle polemiche, leader di una chiesa (il Dove World Outreach Center) situata a Gainesville che conta solo una cinquantina di fedeli, ha detto che nessuno alla Casa Bianca, al Dipartimento di Stato o al Pentagono aveva cercato di mettersi in contatto con lui. "Se lo facessero potrei essere indotto a riflettere sulla cosa. Non credo che potrei ignorare una loro richiesta". Il presidente Obama si è augurato che il pastore comprenda che "quello che vuole fare è totalmente in contrasto con i nostri valori di americani: questo paese è stato costruito con la nozione della libertà religiosa e della tolleranza religiosa". I vescovi cattolici. "Bruciare un libro è sempre un atto sacrilego. Non dobbiamo dimenticare che la prima cosa che fecero i nazisti, con la Notte dei cristalli, fu quella di bruciare i Talmud, i libri dell'ebraismo", ha detto all'AdnKronos monsignor Ambrogio Spreafico, Presidente della commissione Cei per l'evangelizzazione dei popoli e il dialogo fra le Chiese e vescovo di Frosinone. "Per fortuna - ha aggiunto mons. Spreafico - c'è stata un'opposizione chiara da parte di tutti, anche la Santa Sede è intervenuta. E' stata una rivolta dello spirito e dell'intelligenza". Quello di bruciare il Corano è "un atto contro la religione e le religioni - ha aggiunto il responsabile Cei per l'evangelizzazione - si tratta del gesto di un fanatico, di un piccolo gruppo che mette in pericolo la vita di centinaia di milioni di cristiani in tutto il mondo. Penso alle comunità cristiane dell'Iraq, del Pakistan o dell'Indonesia, dove pure esiste un Islam più moderato". Il rischio, ha aggiunto il vescovo, è che si "identifichi il gesto di un piccolo gruppo con quello di tutti i cristiani, la stessa pericolosa generalizzazione avviene quando atti di questo tipo vengono fati da estremisti islamici". Anche il Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC), un organismo che raccoglie la maggior parte delle Chiese cristiane a livello mondiale, ha espresso una "ferma condanna" per l'iniziativa. L'ex premier britannico Tony Blair, rappresentante del Quartetto per il Medio Oriente, ha lanciato a sua volta l'invito "a leggere il Corano piuttosto che bruciarlo". Severo il giudizio degli ebrei d'America, che hanno condannato l'idea di Jones sottolineando la somiglianza con i falò di libri fatti dai nazisti negli anni '30 alla vigilia dell'Olocausto. "Il rogo del libro sacro dei musulmani è un atto moralmente ripugnante", ha detto un portavoce del Simon Wiesenthal Center. Tra i critici del pastore vi sono i rappresentanti dei reduci americani. "Se Jones vuole dimostrare qualcosa, perchè non si reca in una piazza dell'Afghanistan a bruciare il Corano? - ha osservato Joe Davis -. Allora potrebbe vedere di persona le conseguenze delle sue azioni". Perfino molti conservatori sono critici. "E' una provocazione insensibile e non necessaria - ha detto Sarah Palin - Bruciare un libro è antitetico agli ideali americani". Il sito Internet della chiesa di Jones è stato disattivato giovedì dal provider per violazione delle norme che impegnano gli utenti a non diffondere materiale che "incita alla violenza, mette in pericolo la sicurezza pubblica o compromette la sicurezza nazionale". L'Osservatore romano: "Un'iniziativa irresponsabile, quella del pastore protestante della Florida", così l'Osservatore romano ha commentato, con un articolo di prima pagina, l'idea lanciata da Terry Jones. "Il protagonista della vicenda sembra avere rinunciato ai suoi provocatori propositi", sottolinea il giornale vaticano. "Il Koran Burning Day non avrà luogo, ma in tutto il mondo si è ormai innescato un pericoloso meccanismo di reazione fomentato da un'enorme circuito mediatico". Nei giorni scorsi il vaticano aveva già contestato l'iniziativa con una nota ufficiale del pontificio consiglio per il dialogo interreligioso che l'aveva definita "un gesto di grave oltraggio". Anche la Conferenza episcopale degli Stati Uniti, citata dall'Osservatore Romano, è intervenuta sull'iniziativa, dichiarando che "tutti gli atti di intolleranza verso una comunità religiosa non dovrebbero trovare spazio nel nostro mondo, per non parlare della nostra nazione che è fondata sul principio della libertà religiosa". Sulla vicenda è intervenuta anche l'Ambasciata degli Stati Uniti presso lo Santa Sede: "Esponenti governativi al più alto livello, incluso il presidente Obama, e molte organizzazioni private e privati cittadini - si afferma nella dichiarazione - hanno pubblicamente condannato questa iniziativa. Inoltre, apprezziamo le dichiarazioni arrivate dal Vaticano nelle quali si esprime contrarietà a tali progetti". (10 settembre 2010)
Copenhagen, arrestato kamikaze ha tentato di farsi saltare in hotel L'aspirante attentatore suicida ha provocato una "piccola esplosione", spiega la polizia, nei bagni dello Jorgensen Hotel, nel centro della capitale danese. Si è ferito alla testa ed è stato poi bloccato nei pressi dell'albergo. La zona è stata isolata dalle forze dell'ordine Copenhagen, arrestato kamikaze ha tentato di farsi saltare in hotel COPENHAGEN - La polizia danese ha arrestato un uomo che ha tentato di farsi saltare in aria in un albergo di Copenhagen, senza causare feriti. Lo rende noto il quotidiano Politiken. Secondo i media locali, il mancato kamikaze ha tentato di far detonare la bomba nei bagni dello Jorgensens Hotel, che si affaccia su Israels Square, nel centro della capitale danese. La polizia ha spiegato che in realtà si è verificata una "piccola esplosione". L'uomo è rimasto ferito alla testa dall'esplosione. Gli agenti lo hanno catturato in un parco nei pressi dell'albergo e hanno sigillato l'intera zona. (10 settembre 2010)
2010-09-09 IL CASO Rogo del Corano, la condanna di Obama "Non diamo un prestesto ad Al Qaeda" Polemiche e preoccupazioni per l'iniziativa annunciata da un pastore della Florida in occasione del IX anniversario dell'11 settembre. Interviene il presidente americano che stigmatizza l'iniziativa. Ieri la condanna del Vaticano. Oggi una lettera alla Casa Bianca dal presidente indonesiano. Petraeus, capo delle forze armate in Afghanistan: "Avrebbe conseguenze gravissime". L'India chiede il black out mediatico sulla vicenda. E i fondamentalisti si organizzano: "E noi bruceremo le bandiere a stelle e strisce davanti alle ambasciate americane nel mondo" Rogo del Corano, la condanna di Obama "Non diamo un prestesto ad Al Qaeda" Il cartello con cui il pastore indica il luogo nel quale darà alle fiamme il Corano ROMA - Non si arrestano le polemiche e le preoccupazioni per la provocazione annunciata dal pastore fondamentalista della Florida, Terry Jones, che sabato prossimo, 11 settembre, ha intenzione di bruciare una copia del Corano in occasione delle commemorazioni per gli attentati del 2001. Alla condanna dei leader di tutte le religioni, di capi di Stato e del presidente americano Barack Obama si è aggiunta ieri quella del Vaticano ma il pastore ha ribadito di non aver alcuna intenzione di cambiare idea. E oggi è Barack Obama a intervenire. Il presidente Usa condanna l'iniziativa e avverte: non diamo un pretesto ad Al Qaeda. E non mettiamo a rischio i nostri soldati. A quello di Obama si aggiunge il monito del generale Petraus, comandante delle forze armate in Afghanistan, secondo il quale un gesto simile avrebbe per gli Stati Uniti lo stesso effetto delle foto degli abusi sui detenuti del carcere di Abu Ghraib. E intanto un'altra voce si aggiunge all'appallo per fermare Jones: quella del presidente indonesiano, che chiede a Obama di impedire al pastore di potrare a termine il suo proposito. E alcuni gruppi fondamentalisti minacciano: "E noi bruceremo le bandiere americane". L'appello di Giacarta. Il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono ha inviato a Barack Obama una lettera in cui chiede di adottare provvedimenti per impedire il gesto del pastore Jones, "un progetto - si legge nella missiva - che suscita molte preoccupazioni perché potrebbe scatenare un conflitto in ambito religioso". Nella lettera Yudhoyono rammenta che Indonesia e Stati Uniti stanno costruendo un ponte tra Islam e Occidente e che se le copie del Corano venissero davvero bruciate "i nostri sforzi sarebbero vanificati". Petraeus: "Si rischiano conseguenze gravissime". Le immagini del Corano in fiamme avrebbero per gli Stati Uniti lo stesso dannoso effetto delle foto degli abusi sui detenuti nel carcere di Abu Ghraib. Ad affermarlo è stato il generale americano David Petraeus, comandante delle forze americane in Afghanistan, che è tornato nuovamente a condannare la prevista inziativa di un pastore protestante della Florida, deciso a bruciare una copia del Corano in occasione dell'anniversario dell'11 settembre. "Temiamo che le immagini del Corano in fiamme vengano usate nello stesso modo con il quale gli estremisti usarono le immagini di Abu Ghraib - ha detto il generale in un'intervista alla rete televisiva Nbc - verrebbero usate da chi ci augura del male, per incitare alla violenza e infiammare l'opinione pubblica contro di noi e la nostra missione in Afghanistan, così come in altre nostre missioni nel mondo". La condanna dell'India. Anche l'India condanna l'iniziativa e invita i media nazionali a non diffondere la notizia dell'evento. "Le autorità americane hanno energicamente condannato le dichiarazioni del pastore - ha detto il ministro indiano dell'INterno, Chidambaram - i leader religiosi del mondo intero hanno condannato il suo progetto, lo condanniamo anche noi. Speriamo che le autorità americane agiscano in modo vigoroso per evitare che tale oltraggio sia commesso e, nell'attesa, invitiamo i mass media a non pubblicare o diffondere immagini di quest'atto deplorevole". I fondamentalisti: bruciare le bandiere a stelle e strisce. Bruciare le bandiere americane davanti alle ambasciate Usa nel mondo. Questa l'iniziativa lanciata da alcuni gruppi radicali islamici e annunciata dall'ex capo del gruppo radicale Islam4UK, Anjem Choudary. Che ha già chiamato all'appello i leader di altri gruppi islamici in Belgio, Svizzera, Indonesia". Parigi, il rettore della grande moschea invita alla calma. Un appello a "non cedere alla provocazione" è arrivato da Dalil Boubakeur, rettore dell'Istituto musulmano della Grande Moschea di Parigi, che ha invitato a non reagire all'iniziativa del pastore JOnes. "Chiedo ai miei correligionari di non cedere alla provocazione e di rispondere con saggezza, esprimendo compassione - ha detto Boubakeur - l'11 settembre è una data che addolora e rattrista tutta l'umanità, perché prendersela con i musulmani? Gli autori della strage erano terroristi, gente spregevole che non rappresenta in alcun modo l'opinione dei musulmani". (09 settembre 2010)
2010-09-08 "Un gesto di grave oltraggio" Il Vaticano critica il "Koran burning day" Il mondo religioso si scaglia contro la proposta di una piccola Chiesa evangelica della Florida di bruciare il Corano l'11 settembre, anniversario dei tragici attacchi terroristici che nel 2001 "Un gesto di grave oltraggio" Il Vaticano critica il "Koran burning day" Il parroco Terry Jones ROMA - Al Vaticano non è piaciuta la proposta, avanzata da una piccola chiesa della Florida, di bruciare 200 copie del Corano per ricordare le vittime dell'11 settembre. Il pontificio consiglio per il dialogo interreligioso ha accolto con viva preoccupazione la notizia della proposta di un "Koran burning day" per l'anniversario dei tragici attacchi terroristici che nel 2001 causarono vittime innocenti e danni materiali. "A quei deprecabili atti di violenza, infatti - si legge nel bollettino della Santa Sede - non si può porre rimedio contrapponendo un gesto di grave oltraggio al libro considerato sacro da una comunità religiosa". L'iniziativa di bruciare il Corano, che ha messo in allarme anche la Casa Bianca 1, è partita da una piccola chiesa evangelica della Florida, che ha organizzato per sabato una cerimonia di commemorazione degli attacchi dell'11 settembre, annunciando che verranno bruciate 200 copie del Corano. Il parroco della comunità, Terry Jones, ha detto che il rogo servirà ''a ricordare coloro che sono stati brutalmente assassinati l'11 settembre'', e a inviare un avvertimento ''all'elemento radicale dell'Islam''. "Ogni religione - continua il Vaticano - con i rispettivi libri sacri, luoghi di culto e simboli ha diritto al rispetto ed alla protezione: si tratta del rispetto dovuto alla dignità delle persone che vi aderiscono ed alle loro libere scelte in materia religiosa. La necessaria riflessione che si impone a tutti nel ricordo dell'11 settembre rinnova, anzitutto, i nostri sentimenti di profonda solidarietà con quanti sono stati colpiti dagli orrendi attacchi terroristici". E anche l'arcivescovo caldeo di Kirkuk, monsignor Louis Sako e il vicario caldeo di Baghdad, monsignor Shlemon Warduni hanno condannato l'iniziativa di Terry Jones definendola un "gesto irresponsabile e immorale che non aiuta il dialogo interreligioso". (08 settembre 2010)
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L'UNITA' per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.unita.it/2010-09-11 Rogo del Corano, Obama: "Non siamo in guerra con l'Islam" Obama il suo messaggio per l'11 settembre: "Siamo una sola nazione, un solo popolo, legato non solo dal lutto, ma anche da ideali comuni". È il messaggio che il presidente americano Barack Obama ha mandato al paese in occasione dell'anniversario dell'11 settembre dopo giorni di polemiche sui rapporti con lslam, con minacce di bruciare il Corano e attacchi al progetto di un centro islamico vicino a Ground Zero. Corano, rogo in Kansas? Ma mentre il pastore Terry Jones rinuncia a bruciare il Corano c'è chi, visto il clamore mediatico, si candida. "Lo faremo noi", ha annunciato una Chiesa indipendente battista, ultraortodossa la Westboro Baptist Church (Wbc) di Topeka, nel Kansas, guidata dal reverendo Fried Phelps. Il pastoro è lo stesso che ha già bollato il libro sacro dei musulmani come "300 pagine di fiction satanica". La congregazione ultraortodossa ha preso di mira il pastore Jones, definendolo un "falso profeta" e accusandolo di essere stato una "donnicciola" per aver ceduto alle pressioni internazionali Talebani: America ha fallito. Gli Stati Uniti "hanno fallito" e devono ritirarsi dall'Afghanistan mettendo fine all'"occupazione illegale" del Paese: è il messaggio diffuso dai talebani nel giorno del nono anniversario degli attentati dell'11 settembre. "Nove anni dopo l'11 settembre, nonostante abbiano usato tutte le soluzioni militari possibili in Afghanistan, ora (gli Stati Uniti, ndr) hanno perso ogni possibilità di pace", hanno affermato i talebani. Agli Usa "è rimasta solo una possibilità: ritirare le loro truppe dal Paese senza alcuna condizione". Barack: la speranza, non la paura. Obama ha proseguito il suo discorso dicendo: "Questo è un tempo difficile per il nostro Paese. Ed è spesso in questi momenti che c'è chi cerca di alimentare l'amarezza, di dividerci sulla base delle nostre differenze, di accecarci rispetto a quello che abbiamo in comune", ha avvertito il capo della Casa Bianca. Ma in questo giorno, ha proseguito, "non dobbiamo cedere a questa tentazione. Dobbiamo stare uno accanto all'altro. Combattere uno accanto all'altro. Non dobbiamo permettere di farci definire dalla paura, ma bensì dalla speranza per le nostre famiglie, la nostra nazione e un futuro più luminoso. Per questo - ha concluso - piangiamo per chi non c'è più, onoriamo chi si è sacrificato e facciamo del nostro meglio per vivere secondo i valori che condividiamo, in questo giorno e in quelli che verranno". Catturare o uccidere Osama bin Laden, il cervello dell'11 settembre, e i suoi più stretti collaboratori, rimane "una delle priorità assolute". Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti. Barack Obama che parlando del rogo del Corano nell'anniversario dell'attentato alle Twin Towers proposto dal pastore della Florida Jones, ha detto: "Le nostre truppe sono in pericolo. Non si può giocare con queste cose", aggiungendo: "Non siamo mai stati in guerra con l'Islam, ma con i terroristi di Al Qaeda". I quali, ricorda il presidente americano "hanno fatto molte più vittime tra i musulmani". Il pastore della Florida, Terry Jones, ha cambiato di nuovo idea dopo avere atteso invano una telefonata dell'imam di New York che vuole costruire una moschea nelle vicinanze di Ground Zero. Il leader della chiesetta di Gainesville aveva dato ieri sera all'imam un ultimatum di due ore perché si mettesse in contatto con lui. L'ultimatum è scaduto senza che accadesse niente. Ma il pastore ci ha ripensato: "Niente falò domani (oggi, ndr)". Tensioni nel mondo. Nonostante il dietrofront del pastore Usa, la sua iniziativa ha fatto salire la tensione. Un manifestante è rimasto ucciso durante una protesta contro le minacce di bruciare il Corano, nei pressi di una base Nato nel nord dell'Afghanistan. Una folla, di circa 10.000 persone si era riversata in strada a Faizabad, nel nord-est del Paese, dopo la preghiera di fine Ramadan. Alcuni si erano diretti verso una base della Nato gestita dai tedeschi, contro la quale avevano cominciato a lanciare sassi e uno dei manifestati è rimasto ucciso quando dalla base militari hanno aperto il fuoco. 11 settembre 2010
Napolitano: "Fraterna vicinanzai ai Usa per 11/9" "L'anniversario dei devastanti attacchi terroristici che colpirono New York e Washington l'11 settembre di nove anni fa, è l'occasione per rinnovare l'espressione della fraterna vicinanza dell'Italia all'amico popolo americano, duramente provato da una violenza vile e ingiustificabile". Lo scrive il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione dell'anniversario degli attacchi terroristici dell'11 settembre del 2001, rivolgendosi a quanti, familiari delle vittime, autorità e cittadini, parteciperanno alle diverse cerimonie della giornata odierna negli Stati Uniti, in Italia e negli altri paesi. Esprimendo "i suoi sentimenti di autentica solidarietà", Napolitano ha aggiunto che "i terribili attentati sul suolo americano sono stati purtroppo seguiti da altri attacchi parimenti distruttivi che hanno colpito città europee, africane e asiatiche. La comunità internazionale ha tuttavia saputo reagire con fermezza nella consapevolezza della necessità di contrastare il terrorismo in tutte le sue forme e di opporre un fermo rifiuto ad ogni manifestazione di violenza, sempre e comunque inaccettabile in quanto nemica della pace, delle libertà fondamentali, della dignità della persona umana e del diritto alla vita". "Tale rifiuto - ha continuato - richiede inoltre che si combattano alle radici e con eguale determinazione quelle cause che ostacolano il pieno raggiungimento di un ordine internazionale fondato sulla giustizia e sul rispetto dei diritti inviolabili dell'individuo, e che si promuovano in ogni circostanza le ragioni del dialogo e del rispetto reciproco tra i popoli e le culture, tra le religioni e le civiltà. L'Italia è stata ed è coerentemente e fermamente impegnata per il conseguimento di questi obiettivi". 11 settembre 2010
11 settembre, missione incompiuta: tutti gli errori Usa nella lotta al terrore di Loretta Napoleonitutti gli articoli dell'autore In America, l’anniversario dell’11 settembre si profila polemico. Da una parte la destra cristiana incita a bruciare il Corano nelle pubbliche piazze e dall’altra il Tea Party, il movimento conservatore, accusa il Presidente Obama di essere musulmano. Invece di onorare i 3 mila morti nell’attacco terrorista più spettacolare della storia moderna, l’America cerca vendetta. Eppure pochi giorni fà le truppe di stanza in Iraq sono tornate a casa, una decisione che Washington ha preso per motivi elettorali: l’amministrazione non vuole arrivare alle mid-term elections di novembre, considerate una sorta di referendum sulla sua popolarità, con i cadaveri dei soldati americani negli aeroporti militari. Voltare pagina senza una vittoria è però difficilissimo. L’elettorato sa bene che le truppe si sono lasciate alle spalle una nazione democratica, che però da sei mesi non riesce a formare un governo, un Paese etnicamente diviso dove la violenza sta tornando a far parte del quotidiano. Il desiderio di vendetta della destra cristiana nasce proprio dalla certezza di aver perso la guerra contro il terrorismo, non solo in Iraq ma anche in Afghanistan dove l’esercito talebano continua ad avanzare ed Osama bin Laden è ancora a piede libero. Quello del resto delPaese invece è stimolato dalla crisi economica dal momento che molti intuiscono che tra terrorismo ed economia esiste un filo diretto. Per seguirlo bisogna rivisitare l’assurda certezza di bin Laden, espressa alla fine degli anni Novanta in una serie di lettere, le Epistole Ledenesi, dove spiegava che l’11 settembre avrebbe inflitto un colpo mortale all’economia americana. Anche se i danni a Wall Street sono stati trascurabili, paradossalmente la risposta di Bush ha messo in moto una serie di eventi che hanno fatto precipitare l’America e l’occidente nel pantano economico attuale. Il Patriot Act, introdotto poche settimane dopo la distruzione delle Torri Gemelle, non solo non ha tarpato le ali al finanziamento del terrorismo ma ha inflitto un durissimo colpo al dollaro. Per paura di essere perseguitati, gli investitori musulmani hanno rimpatriato circa 3000 miliardi di dollari mentre le banche internazionali, per evitare i controlli delle autorità monetarie americane, hanno suggerito alla clientela di ridurre gli investimenti in dollari ed aumentare quelli in euro. Infine, il riciclaggio del denaro sporco ha traslocato dagli Stati Unti in Europa, dove ancora oggi non esiste una legislazione simile. Questi eventi hanno rivoluzionato i flussi dei capitali, riducendo drasticamente la domanda mondiale di dollari che a sua volta ha fatto crollare il valore del biglietto verde. La war on terror passerà alla storia come il conflitto più costoso mai intrapreso e questo perché lo scopo vero non era catturare Osama bin Laden e distruggere al Qaeda, ma ridisegnare la mappa geopolitica del mondo. Un’impresa gigantesca preannunciata nel lontano 1993 dall’allora sottosegretario alla difesa Dick Cheney che voleva rilanciare il ruolo egemonico degli Stati Uniti nelle aree strategiche del pianeta. L’Iraq dove dal 1991 tutte le amministrazioni americane, inclusa quella di Clinton, avevano cercato di sbarazzarsi di Saddam Hussein, era una di queste. Con l’elezione di Bush figlio questa visione del mondo diventa il credo dei neo-conservatori e la guerra contro il terrorismo lo strumento per metterla in atto. A finanziare questa follia economica e politica non è però l’erario pubblico ma la vendita del debito pubblico statunitense all’estero. E per rendere competitivi i 4 mila miliardi di dollari di buoni del tesori che l’America di Bush ha smerciato sul mercato dei capitali internazionali la Federal Riserve non esita a tagliare drasticamente i tassi di interesse. Si tratta di un vero crollo: dal 6% alla vigilia dell’11 settembre al 1,2% nei primi mesi dell’estate del 2003 quando Bush dichiara Missione Compiuta. Alan Greenspan persegue questa politica deflazionista in un momento in cui l’economia mondiale cresce troppo rapidamente e c’è pericolo che si formino bolle finanziarie, quando insomma c’è bisogno di una politica di tassi alti per frenare l’economia. Lo fa perché l’abbattimento dei tassi è lo strumento utilizzato per combattere tutte le crisi economiche della globalizzazione, da quella del Rublo, a quella dei mercati asiatici, e l’11 settembre ha innescato in occidente una mini recessione. Oggi sappiamo che questa politica ha creato le condizioni ideali per la creazione e diffusione dei mutui subprime e per la cartolarizzazione del debito insolvente, ovvero la genesi della crisi del credito. A quasi 10 anni dall’11 settembre l’America ha capito che la guerra contro il terrorismo è alla radice dei suoi mali economici e cerca quella vendetta che ne’ Bush ne’ Obama hanno saputo darle: la distruzione del vero nemico. 11 settembre 2010
2010-09-10 Il falò del Corano Il pastore rinuncia poi ci ripensa Karzai: non lo faccia Il pastore protestante della Florida Terry Jones, che minacciava di bruciare il Corano domani per l'anniversario dell'11/9, non ha ancora rinunciato al suo progetto, nonostante le condanne arrivate da tutto il mondo (compresa quella di Obama). Ieri aveva annunciato che annullava l'iniziativa, dopo avere ricevuto assicurazione da un imam di Orlando (che faceva da intermediario) che non sarebbe stata costruita una moschea nei pressi di Ground Zero. Jones, leader di una chiesa (il Dove World Outreach Center) a Gainesville che conta solo una cinquantina di fedeli, aveva detto che sabato, invece di bruciare copie del Corano, sarebbe andato a New York per discutere lo spostamento della moschea in una località più lontana dal luogo dell'attentato dell'11 settembre 2001. Condanna unanime al progetto: dallo Stato Usa al Vaticano, dal presidente afgano Hamid Karzai secondo il quale Jones "non dovrebbe nemmeno pensare" al rogo del libro sacro agli ebrei d'America che vi vedono un parallelo con i roghi di libri dei nazisti che precedettero l'Olocausto. E qualcuno ha ricordato il poeta tedesco Heine che scrisse: quando si bruciano libri, poi si bruciano le persone. Intanto l'imprenditore immobiliare newyorchese Donald Trump si era offerto di riacquistare per 6 milioni di dollari il palazzo destinato a ospitare il tempio, cioè il 25 per cento in più del valore dell'edificio. Poi i responsabili del centro culturale islamico di New York hanno fatto sapere di non avere raggiunto alcun accordo col pastore. Jones si è detto "deluso" e "scioccato" e ha aggiunto "potremmo essere obbligati a rivedere la nostra decisione" di rinunciare al rogo. Rogo che in qualche modo può ricordare quello dei libri nazista e dei volumi bruciati nel romanzo Fahrenheit 451 di Bradbury. Proprio gli ebrei d'America hanno condannato l'idea di Jones sottolineando la somiglianza con i falò di libri fatti dai nazisti negli anni '30 alla vigilia dell'Olocausto. "Il rogo del libro sacro dei musulmani è un atto moralmente ripugnante", aveva detto un portavoce del Simon Wiesenthal Center. Anche il Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec), un organismo che raccoglie la maggior parte delle Chiese cristiane a livello mondiale, aveva espresso una "ferma condanna" per l'iniziativa. L'ex-premier britannico Tony Blair, rappresentante del Quartetto per il Medio Oriente, aveva lanciato a sua volta l'invito "a leggere il Corano piuttosto che bruciarlo". In giornata, perfino il segretario alla difesa Robert Gates gli aveva telefonato, invitandolo a desistere dal proprio intento. La provocazione del reverendo Jones aveva provocato accese critiche, comprese quelle del presidente Barack Obama. "È un regalo per Al Qaida", aveva detto l'inquilino della Casa Bianca. Il Dipartimento di Stato aveva diffuso un allerta ai viaggiatori Usa per possibili dimostrazioni violente anti-americane nel mondo. Anche l'Interpol aveva lanciato un allerta mondiale per possibili attacchi o attentati. Obama aveva esortato Jones "a ripensarci" ammonendo, in una intervista, che il suo gesto diventerebbe "uno strumento di reclutamento per Al Qaida" e "metterebbe a repentaglio le truppe americane in Iraq e Afghanistan".. Obama aveva sottolineato che il rogo del Corano "potrebbe avere gravi conseguenze in luoghi come l'Afghanistan o il Pakistan. Potrebbe inoltre favorire il reclutamento di gente disposta a farsi saltare in aria in America o in Europa". Paesi come l'India e l'Indonesia avevano inviato messaggi al presidente Obama perchè intervenga per bloccare la iniziativa del pastore della Florida. In Afghanistan e Indonesia sono già avvenute manifestazioni di protesta. In giornata, perfino il segretario alla difesa Robert Gates gli aveva telefonato, invitandolo a desistere dal proprio intento. La provocazione del reverendo Jones aveva provocato accese critiche, comprese quelle del presidente Barack Obama. "È un regalo per Al Qaida", aveva detto l'inquilino della Casa Bianca. Il Dipartimento di Stato aveva diffuso un allerta ai viaggiatori Usa per possibili dimostrazioni violente anti-americane nel mondo. Anche l'Interpol aveva lanciato un allerta mondiale per possibili attacchi o attentati. Alcuni hanno accusato Jones di avere lanciato la provocazione del rogo del Corano solo per farsi pubblicità. Ma il pastore ha respinto l'accusa. "Non metterei mai la mia vita a repentaglio per una trovata pubblicitaria - ribatteva -. Ho ricevuto molte minacce di morte. Quando ho lanciato questa iniziativa, non immaginavo certo che avrebbe ricevuto tanta attenzione". 10 settembre 2010
2010-09-09
Pastore Usa: Corano al rogo. Obama: farebbe il gioco di Al Qaeda Alla fine è intervenuto anche Obama sulla questione del bruciare una copia del Corano in occasione dell'11 settembre, come vorrebbe fare un pastore americano. Provocherebbe "gravi violenze" e sarebbe un aiuto per al Qaeda, fa sapere il presidente americano Barack Obama, intervistato al programma "Good Morning America" della rete Abc. La sua voce si aggiunge a quella di diversi leader politici e religiosi, e del Vaticano, contro la prevista iniziativa del pastore evangelico Terry Jones che vuole bruciare in Florida una copia del Corano nell'anniversario degli attentati dell'11 settembre. Un tale atto, ha detto Obama, potrebbe portare a "gravi violenze" contro le truppe americane in Iraq e Afghanistan e sarebbe "una manna per il reclutamento di al Qaeda". Il capo della Casa Bianca si è poi rivolto a Jones: "Se mi sta ascoltando, spero che capisca che quello che si propone di fare è completamente contrario ai nostri valori. Questo paese è stato costruito sulla nozione di libertà e tolleranza religiosa". Spero che Jones capisca che il suo "è atto distruttivo", ha aggiunto. La chiesa "Dove World Outreach Center", in Florida, di cui Jones fa parte, ha invitato a bruciare nella data dell'anniversario degli attentati dell'11 settembre le copie del Corano di fronte ai suoi ingressi a Gainesville. Ha anche sollecitato altri centri religiosi a fare altrettanto, per ricordarsi delle vittime degli attentati e combattere "il demone dell'islam". Le reazioni Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha condannato il progetto di un piccolo gruppo evangelico americano di bruciare copie del Corano, ritenendo che tali atti non possano essere sostenuti "da alcuna religione". La Francia ha definito come un' "inaccettabile incitamento all'odio" l'iniziativa del pastore e "un insulto" alle vittime dell'attacco alle Twin Towers e di tutti "gli atti terroristici". Il Vaticano ha condannato duramente l'iniziativa del pastore fondamentalista. Diversi giornali arabi ammoniscono oggi sulle possibili conseguenze dell'appello a bruciare copie del Corano e definiscono il pastore americano "Satana", "idiota" o un "terrorista" che dovrebbe essere rinchiuso a Guantanamo. Anche il Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), organismo che raccoglie la maggior parte delle Chiese cristiane a livello mondiale, ha espresso una "ferma condanna" per l'iniziativa lanciata da un pastore statunitense, di bruciare il Corano nelle piazze l'11 settembre. Il segretario generale del Cec, il pastore luterano Oalv Fykse Tveit, ha espresso la condanna contestualmente a un messaggio di auguri per la fine del Ramadan indirizzato ai leader musulmani del mondo. Nel documento, diffuso in Italia dall'agenzia delle Chiese evangeliche, Tveit afferma che l'iniziativa viene "fermamente rifiutata e condannata dal Cec, dalle sue chiese membro e dai suoi partner ecumenici, incluso quelli statunitensi". 09 settembre 2010
2010-08-14 Obama si schiera: "Sì alla moschea a Ground Zero" Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, spezza una lancia in favore della costruzione del Cordoba Center, un centro culturale e una moschea che una associazione musulmana intende costruire a due passi da Ground Zero, dove sorgevano del torri gemelle abbattute l'11 Settembre dai terroristi islamici di al Qaida. Per Obama, in base al principio della libertà religiosa, i musulmani hanno "il diritto" di costruire il Cordoba. Con una mossa a sorpresa il presidente lo ha spiegato in serata alla Casa Bianca, in occasione di un discorso di fronte alla comunità musulmana americana, poco prima della cena (Iftar) che segna l'inizio del Ramadan, il mese sacro islamico. Oltre ai principali esponenti della comunità islamica americana e agli ambasciatori dei paesi islamici, la lista degli invitati comprende anche Pietro Sambi, il nunzio apostolico, e Jane Ramsey del Jewish Council on Urban Affairs, una organizzazione ebraica di Chicago, la città di Obama. L'ipotesi della costruzione di una moschea a Ground Zero divide gli americani, e in particolare la comunità ebraica. Il sindaco di New York, Michael Bloomberg, appoggia il progetto, mentre Abraham Foxman, il direttore nazionale della Anti Defamation League (Adl), una delle principali organizzazioni ebraiche e anti razzista, ha chiesto alla comunità musulmana di costruire il centro Cordoba un po' più lontano da Ground Zero per non urtare la sensibilità delle vittime. Una richiesta che ha spinto il più famoso dei giornalisti americani di origine musulmana, Fareed Zakaria, a restituire un premio che la stessa Adl gli aveva dato negli anni scorsi. La mossa a sorpresa di Obama, cui si attribuiva l'intenzione di rimanere fuori dalla controversa vicenda a pochi mesi dalla elezioni di metà mandato del 2 novembre, rischia di rilanciare le polemiche con una certa violenza. Parte della destra americana rimane convinta che il presidente non sia nato negli Stati Uniti, e che sia di religione musulmana, come confermerebbe il suo nome completo, Barack Hussein Obama. Nel suo discorso alla Casa Bianca, in base al testo distribuito in anticipo, Obama ha detto: "con la massima chiarezza in quanto cittadino, in quanto presidente, sono convinto che i musulmani abbiano lo stesso diritto di praticare la propria religione come qualsiasi altra persone in questo paese. Ciò comprende il diritto di costruire un luogo di culto e un centro per la comunità su una proprietà privata a Lower Manhattan, nel rispetto delle leggi e delle ordinanze locali". Subito prima, Obama aveva insistito sul dolore dei familiari delle vittime dell'11/9, "un evento profondamente traumatico per il nostro paese", definendo Ground Zero "un territorio sacro", e i terroristi di al Qaida i rappresentanti di "una volgare distorsione dell'Islam". 14 agosto 2010
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il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.ilsole24ore.com/2010-09-12 Quel discorso ha fatto la Storia. I ventuno interventi che hanno fatto la storia del 900 e del nuovo secolo di Serena DannaCronologia articolo12 settembre 2010 Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2010 alle ore 14:22. La notte del 27 agosto del 1963 Martin Luther King non chiude occhio. Ripete decine di volte, a voce alta, il discorso che avrebbe pronunciato a Washington qualche ora dopo. Quando finalmente il momento arriva, davanti alle 250mila persone che hanno partecipato alla "Marcia per il lavoro e la libertà", le parole del grande leader rimbombano tra le pareti del Lincoln Memorial. Eppure, le frasi di quel giorno rimaste nelle storia, i sogni di eguaglianza e libertà che riempiono il solenne "I have a dream", non sono sul blocchetto di appunti del pastore di Atlanta. Sul finire del discorso, quando la stanchezza inizia a prendere il sopravvento sull'emozione, la cantante gospel Mahalia Jackson, sul palco per cantare il futuro inno del movimento per i diritti civili "We shall overcome", urla all'amico e compagno di lotta: "Martin racconta del sogno!". Così il reverendo King prende fiato e improvvisa: "Ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza". "I have a dream" è stato scelto da Chris Abbott, giovane ricercatore dell'Università di Bradford ed esperto di relazioni internazionali, tra i 21 discorsi che hanno posto le premesse per il mondo di oggi. 21 Speeches that shaped our world (Rider, RRP), uscito recentemente in Inghilterra, ricostruisce l'attuale mosaico politico attraverso le parole che hanno contribuito a formarlo. La lista di nomi attraversa un secolo di storia. C'è la suffragetta Emmeline Pankhurst, che nel 1913 in un teatro di Hartford in Connecticut si definisce "un soldato che ha lasciato temporaneamente il campo di battaglia per spiegare com'è la guerra civile quando è dichiarata dalle donne", dando così il via alla questione femminile che esploderà più di mezzo secolo dopo. C'è il primo ministro del Regno Unito, Winston Churchill che, il 4 giugno 1940, dopo la sconfitta di Dunkerque, invita "il Mondo Nuovo", gli Stati Uniti d'America, a fare "con tutta la sua forza e potenza, un passo in avanti per il salvataggio e la liberazione del Vecchio", segnando la formazione di quell'asse Inghilterra-Usa che caratterizza ancora oggi le relazioni internazionali. E ancora il Mahatma Gandhi, Ronald Reagan, Margaret Thatcher, Eisenhower. Con le sue 323 pagine, dove scorrono le visioni, le profezie, gli aggettivi che hanno tratteggiato la punteggiatura della storia, Abbott ci dimostra che, nonostante la comunicazione politica sia plasmata e condizionata dalle dinamiche del web, l'arte oratoria vince ancora. È stato proprio l'uomo definito "The Internet President", quel Barack Obama che è riuscito, attraverso l'uso sapiente dei social media, a raccogliere più di 600 milioni di dollari per la sua campagna elettorale, a resuscitare l'interesse per l'arte della retorica. Oltre i tweets, le mailing list e i video su "YouTube", la carta vincente del presidente sta nel rappresentare "l'incarnazione di ideali dell'eloquenza americana", come ha dichiarato Ekaterina Haskins, insegnante di retorica al Rensselaer Polytechnic Institute di New York. Da John Fitzgerald Kennedy a Martin Luther King (la cui frase "l'urgenza appassionata dell'adesso" è una delle più citate dal presidente), Obama – che nel libro di Abbott compare con il discorso sull'Islam all'Università del Cairo – ha conquistato l'elettorato perché si nutre di retorica tradizionale americana reinterpretata con carisma 2.0. La moltiplicazione di linguaggi sul web e l'espansione della comunicazione politica, invece di indebolire il discorso, l'hanno rafforzato. Come se l'identificazione dell'elettore che scatta attraverso le parole del leader diventasse un'alternativa all'anonimato e alla dispersione della Rete. Nell'Ordine del discorso (Einaudi, 1972) Michel Foucault scriveva: "Quale civiltà, in apparenza, ha avuto più della nostra, rispetto per il discorso? Dove lo si è meglio e più onorato?". Quasi quarant'anni dopo, la "logofobia" che paventava il filosofo francese, appare più che superata. In Italia negli ultimi anni abbiamo assistito a un tentativo costante dei politici di rinfrescare la comunicazione politica. Lasciando da parte i video, amatissimi da ogni partito (in particolare quello Democratico che ha messo online la social tv "YouDem"), abbiamo visto di tutto: le suonerie da scaricare del presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni; l'"Emmatar" di Emma Bonino, che scimmiotta il film Avatar con Bonino presidente del Lazio che libera il popolo oppresso; cartoline virtuali; mail personalizzate al limite dello stalking; fino agli esperimenti del leader dell'Italia dei Valori, Antonio di Pietro, antesignano delle campagne di denuncia creativa su internet ("Si vedono cose strane" ha avuto un certo tam tam sui siti). Eppure, ancora oggi, a distanza di 16 anni, il discorso della discesa in campo di Silvio Berlusconi, trasmesso a reti Fininvest unificate il 26 gennaio 1994, resta la vera rivoluzione comunicativa in una televisione e in un paese malato di politichese e di palazzo. Con il suo parlare semplice e diretto al cuore, a cominciare da quel titolo "L'Italia è il paese che amo", e attraverso l'uso di parole come generosità, dedizione, amore per il lavoro, solidarietà, Berlusconi inizia quel rapporto "confidenziale" con il suo elettorato che gli assicurerà fiducia per anni. Oggi è il governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola il politico italiano più attento alla nuova comunicazione politica: dal progetto "Nichipedia" (una specie di "Wikipedia" vendoliana aperta ai contributi di tutti) alla piazza virtuale "La Fabbrica di Nichi". Provate a seguirlo su "Twitter": tempo massimo 2 ore e vi arriverà una richiesta di follow-up dal suo profilo. Eppure siamo sicuri che il suo successo non sia merito anche della retorica postberlingueriana? Di espressioni come "lanterne che illuminano gli angoli bui dell'esistente" o "scuotere l'albero del centrosinistra per costruire la narrazione di un'Italia migliore", che richiamano il fidem facere e animos impellere di aristoteliana memoria? Una retorica "barocca", distante dal linguaggio semplice e veloce di internet, e certo più vicina al "sangue a fiumi" del ministro inglese, Enoch Powell – citato da Abbott – che, negli anni Sessanta, teorizzò uno scenario di caos in Inghilterra causato dall'immigrazione. Veltroni al Lingotto che dichiara la nascita del Partito democratico, "il partito dell'innovazione, del cambiamento realistico e radicale, della sfida ai conservatorismi, di destra e di sinistra, che paralizzano il nostro paese", o Gianfranco Fini a Mirabello che si chiede "perché non si parla più di una grande riforma per far nascere l'alba di una nuova repubblica?" sono più figli di Pericle che di "YouTube". La politica sembra ancora più a suo agio con l'immagine del giovane D'Alema che prova i discorsi per il partito davanti a uno specchio – come ha raccontato il suo ex compagno di casa Renato Miccoli – che con Formigoni mentre "rappa" la sua propaganda elettorale. All'inizio di Un Viaggio (Rizzoli), Tony Blair descrive i momenti prima del discorso che, il 1º maggio del 1997, consacrò la vittoria dei laburisti: "Mentre cominciavo a parlare, il sole fece capolino e l'alba spuntò con quel bel colore ambrato e poi azzurrino che lascia presagire una bella giornata. Non potei resistere e mi sorpresi a dire: "È l'alba di un nuovo giorno, non vi pare?"". È lo stesso oratore che – ci ricorda Abbott in 21 Speechs – due anni dopo, a Chicago, parlerà di una nuova dottrina della comunità internazionale che descrive bene il mondo di oggi: "Non possiamo rifiutare di partecipare ai mercati globali se vogliamo prosperare. Non possiamo voltare le spalle ai conflitti e alle violazioni dei diritti umani all'interno dei paesi terzi se vogliamo continuare a stare al sicuro". Chissà quale effetto avrebbero avuto le stesse parole postate su "Facebook". serena.danna@ilsole24ore.com twitter@24people
2010-09-11 Obama: il modo migliore per rispondere ai terroristi è restare uniti e perseguire la tolleranza religiosa Cronologia articolo11 settembre 2010 Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2010 alle ore 16:08. Nel nono anniversario dell'attacco alle Torri Gemelle negli Stati Uniti sono molte le cerimonie di commemorazione. Cominciamo con quella che vede impegnato il presidente Barack Obama che partecipa a una cerimonia al Pentagono. Gli Stati Uniti non saranno "mai in guerra con l'Islam", perché non è l'Islam all'origine dell'11 settembre, "ma al Qaeda". Obama ha lanciato un messaggio di riconciliazione nel giorno del nono anniversario dell'11 settembre e ha fatto un appello agli americani perché mantengano vivi gli ideali fondanti che hanno fatto grande l'America. "Dobbiamo continuare a combattere l'intolleranza e restare uniti", ha detto. "Per ricordare le persone che abbiamo perso, l'arma più forte è fare ciò di cui i nostri avversari hanno paura: essere uniti come americani". Obama ha inoltre detto, durante la cerimonia al Pentagono in memoria delle vittime dell'11/9, che il modo migliore per rendere omaggio alle vittime e rispondere ai terroristi è continuare a "perseguire la tolleranza religiosa" e a "restare uniti come nazione". Il vicepresidente Joe Biden si trova a Ground Zero, dove sorgevano le Torri Gemelle, mentre la first lady Michelle Obama, insieme con l'ex first lady Laura Bush parteciperà ad una cerimonia del ricordo a Shaksville, in Pennsylvania, dove precipitò il quarto aereo degli attacchi. Quello del volo Ua 93, che diretto a Washington avrebbe dovuto distruggere la Casa Bianca o più verosimilmente Capitol Hill. Nei pressi di Ground Zero sono in calendario nel pomeriggio (in serata in Italia) due manifestazioni. La prima, alle 20:00 italiane, è promossa da chi appoggia la costruzione di un centro culturale islamico con moschea a due isolati circa da dove sorgevano le Torri Gemelle. La seconda dimostrazione, alle 21:00, vede la partecipazione degli oppositori alla cosiddetta moschea di Ground Zero, ed è organizzata da un gruppo anti-islamico di estrema destra. Nel sito dove sorgevano le Twin Tower del World Trade Center, complice anche al giornata di sole che splende su New York e la temperatura gradevole (attorno ai 20°C), si sono raccolte centinaia di persone, in un silenzio quasi irreale interrotto solo dal suono dei tamburi e dalle cornamuse della banda della Polizia e dal Young People's Chorus of New York che ha intonato l'inno nazionale americano, seguito da uno scrosciante applauso.
"Ripresa ostaggio dei repubblicani" Mario PlateroCronologia articolo11 settembre 2010 * * * * * Storia dell'articolo Chiudi Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2010 alle ore 08:03. * * * *
NEW YORK. Dal nostro corrispondente Barack Obama, nella sua conferenza stampa di ieri non avrà mai usato, per una delicatezza di politica interna, la parola "stimoli". Ma ha già aperto formalmente un negoziato sulle tasse con i repubblicani a corredo di una serie di pacchetti espansivi presentati la settimana scorsa, negoziato che si concretizzerà solo dopo le elezioni di metà mandato a novembre. Il tutto, ovviamente, in aperto contrasto con i suoi partner europei, soprattutto Germania e Gran Bretagna, che privilegiano il rigore e criticano invece la "largesse" americana. Per la prima volta Obama non ha obiettato con decisione alla possibilità di prolungare di due anni i tagli fiscali per i redditi più elevati, in scadenza - con l'intero pacchetto di riduzioni fiscali di George W. Bush - il prossimo primo di gennaio: "Sul tavolo può esserci tutto - ha detto Obama nella sua prima conferenza stampa dal maggio scorso – ma confermo che la mia priorità sarà quella di rendere permanenti i tagli fiscali per la classe media, poi si vedrà". Un'apertura, questa, che potrebbe sbloccare il negoziato economico atteso subito dopo le elezioni di novembre. A partire da ieri si è aggiunta di fatto la terza gamba del progetto di "stimoli" per l'economia debole: dopo la proposta di investimenti infrastrutturali per 50 miliardi di dollari di lunedì scorso e dopo quella per spesare il 100% degli investimenti aziendali nel 2011 – circa 180 miliardi di dollari - anche l'estensione, almeno in parte, dei tagli fiscali di Bush è da considerarsi acquisita. I repubblicani erano già favorevoli a rendere permanenti i tagli di Bush, vogliono solo che riguardino tutti, incluso quel circa 2% della popolazione che guadagna più di 250.000 dollari all'anno per le coppie e più di 200.000 dollari all'anno per gli individui. "Io credo che sia una cattiva idea aggiungere ai nostri conti pubblici un onere di altri 700 miliardi di dollari per favorire persone che non ne hanno bisogno, ma i repubblicani sono convinti del contrario". Il tono populista è evidente. Se sul piano concreto Obama apre, su quello retorico passa al contrattacco. La responsabilità dell'attuale stato di cose dipende dall'ostruzionismo repubblicano: "Quando mi sono insediato c'erano già quattro milioni di nuovi disoccupati, il resto è venuto nei mesi successivi. Il 95% degli economisti concorda che il nostro pacchetto ha funzionato: solo l'ostruzionismo dei repubblicani ha impedito di procedere con maggiore rapidità. Voglio innovare tutelando la classe media". Obama tuttavia, è apparso in difficoltà, incerto, sulla difensiva. "Perché mai queste elezioni non dovrebbero essere un referendum sul suo piano economico?", è stata la prima domanda. Che ha colto Obama alla sprovvista. La sua risposta è stata generica, poco convincente, impacciata. Con un risultato: in effetti, al di là dei contrattacchi di ieri, le elezioni di novembre saranno un referendum sull'operato economico dell'amministrazione e non su quello dei repubblicani. Un'altra osservazione: non aiuta dire, come ha fatto Obama, che "l'economia sarebbe andata molto peggio senza il nostro intervento". Un'affermazione che non può essere comprovata dai fatti. E che non contribuisce a dare quella connotazione di ottimismo e positività che gli americani si aspettano. E dunque gli stimoli. Alla fine, quasi certamente, non si andrà avanti con gli investimenti strutturali. Quelli del pacchetto di "stimoli" precedente sono stati gestiti con poca trasparenza. Per questo il termine "stimolo" è inviso agli americani. Ma sul fronte fiscale la porta è aperta. E Obama pensa molto più al 2012 che alle elezioni tra otto settimane. Ha anche fatto capire che nominerà Elizabeth Warren alla guida della nuova Agenzia per la protezione dei consumatori. I repubblicani non la sopportano. E il mondo bancario teme che paralizzerà il settore. La scelta non è propizia. Ma anche quella nomina potrà finire nel calderone del mega negoziato post-elettorale. © RIPRODUZIONE RISERVATA VECCHI E NUOVI AIUTI I piani già approvati... Nel febbraio 2009 è stato approvato un pacchetto da 787 miliardi di dollari fatto di massicci investimenti nelle infrastrutture e di sgravi fiscali. Un recente rapporto del Congressional budget office stima che grazie a questo piano sono stati salvati milioni di posti di lavoro Sempre nel 2009 l'amministrazione Obama ha effettuato i salvataggi di Chrysler e Gm, molto criticati all'epoca ma che hanno prodotto i primi significativi successi negli ultimi mesi Molte le misure adottate per risollevare il mercato immobiliare: dagli sforzi per prevenire i pignoramenti agli incentivi fiscali per incoraggiare le compravendite. In questo caso però i risultati sono per ora deludenti: il settore resta depresso ... e quelli allo studio Obama questa settimana ha annunciato un piano di investimenti da 50 miliardi di dollari nelle opere pubbliche, in particolare nel rifacimento di strade e autostrade L'altra proposta riguarda le imprese e in particolare la detassazione accelerata degli investimenti in macchinari e attrezzature. Attualmente la deduzione avviene in 13 anni mentre la nuova norma prevede di detassare gli investimenti nell'arco di due soli anni La Casa Bianca infine vuole estendere gli sgravi alle aziende che investono in ricerca e sviluppo e stima che questo provvedimento valga 100 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni
2010-09-10 Il rogo del Corano del pastore Jones e le ferite ancora aperte dell'11 settembre di Mario PlateroCronologia articolo10 settembre 2010Commenti (4) Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2010 alle ore 08:58. NEW YORK – Il pastore americano Terry Jones, che aveva minacciato di bruciare 200 copie del Corano in occasione dell'anniversario degli attentati alle Torri Gemelle di New York, ha detto oggi all'emittente ABC che non "ha intenzione di farlo". Il pastore aveva già fatto marcia indietro ieri, salvo poi dire che il rogo era stato solamente "sospeso" dopo una girandola di colpi di scena che hanno visto come protagonisti improbabili, sia il re del mattone newyorchese Donald Trump, che l'Imam Abdul Rauf Feisal, deciso a sua volta con non minore provocazione a costruire una moschea vicino a Ground Zero, e un altro Imam della Florida Muhamed Musri. Aveva perciò sospeso per 24 ore la sua decisione: "Mi avevano detto che l'Imam avrebbe spostato la moschea se non bruciavo il Corano... Io sono pronto a rispettare la mia parte dell'accordo, basta che loro rispettino il loro". L'Imam Feisal nega di aver mai parlato con il "mediatore" Musri. O di aver invitato a New York Jones. Musri spiega che l'accordo era vicino ma doveva essere siglato a New York. Donald Trump, contrario alla moschea vicino a Ground Zero insiste: è pronto a pagare in contanti una cifra iperbolica per rilevare il terreno sui si dovrà costruire la moschea e il centro islamico. Siamo dunque a un passo da una soluzione per evitare il rischio di una deflagrazione di intolleranza religiosa, in America e a livello internazionale. Ma in quello che appare sempre più come un concorso mondiale per ego smisurati si dovrà aspettare ancora per capire se, da ambo le parti, occorre dirlo, prevarrà la ragione sulla provocazione. La dinamica che sembrava portare a una soluzione della "crisi del rogo", comincia nel pomeriggio di ieri, con uno scoop del Wall Street Journal online: Donald Trup, era pronto a rilevare il terreno dove doveva sorgere la moschea e a offrirne un altro appena cinque isolati più in là. Forse una mezz'ora dopo, interviene un altro Imam, un mediatore segreto, Muhamed Musri, il capo spirituale della Islamic Society of Central Florida che opera poco lontano da Gainsville, dove ha sede la Dove World Outreach Center di Jones. Musri annunciava che Jones non avrebbe più bruciato il Corano. Sarebbe invece volato a New York per incontrarsi con Abdul Feisal. A quel punto i media, anch'essi al centro di questa iperbole di notizie, smentite e controsmentite, sono letteralmente impazziti. Le televisioni cercavano in diretta conferme ossessive di queste notizie. I blog si sono scatenati. Quelli della destra militante religiosa hanno accusato Jones di debolezza. Quelli centristi, dopo averlo massacrato di insulti negli ultimi giorni, lo hanno elogiato come l'uomo della soluzione. Poi qualche parziale smentita. L'Imam Feisal ha detto di non aver parlato con l'Imam Musri. L'incontro a New York con Jones è in forse o comunque, in queste ora, non confermato. L'immobiliarista che controlla il terreno ha detto che la moschea non si sposterà di un millimetro. Trump ha confermato l'offerta. Questi sviluppi confermano come, a nove anni dall'attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono, la cui ricorrenza cade domani, l'America - e il resto del mondo – siano ancora pervasi da emozioni fortissime nel ricordo della tragica azione di Al Qaeda. Come la polarizzazione e la ricerca della provocazione aumenti, invece di diminuire. E come un improbabile reverendo evangelico con 50 disperati seguaci in un paesino sperduto della Florida riesca a far esplodere su queste ceneri ardenti un nuovo potenziale conflitto religioso: ieri si sono mobilitati l'Fbi e l'Interpol, le minacce di attacchi terroristici anche in Europa e contro civili venivano da ogni parte, spesso prive si credibilità. Su tutto, le parole calme e riflessive del presidente Obama hanno rappresentato l'unica ancora di stabilità in un contesto di isteria collettiva sia mediatica che dell'opinione pubblica. E l'obiettivo non era solo quello di convincere Jones a cambiare idea. Il presidente voleva anche parlare al mondo islamico moderato, a quel miliardo e mezzo di musulmani nel mondo, per dimostrare loro che la Casa Bianca e la Grande America non sono il reverendo Jones. "Da un punto di vista pratico – ha detto Obama alla rete Abc - come capo supremo delle forze armate degli Stati Uniti d'America voglio che Jones capisca che questa bravata che sta preparando può gravemente aumentare il pericolo per le vite dei nostri giovani soldati e soldatesse in Iraq e in Afghanistan... Il falò diventerà per al Qaeda un moltiplicatore per arruolare giovani terroristi pronti a farsi saltare in aria in città americane o europee…". Poi, serio, ha aggiunto: "Se sta ascoltando io spero che si renda conto che quel che propone di fare è completamente contrario ai nostri valori come americani… Spero che ascolti gli angeli migliori del suo credo". Ma forse il pastore Jones era più pronto a perseguire un ruolo di "eroe" in grado di spostare da solo la moschea di Ground Zero, come vorrebbero i due terzi degli americani, che a seguire gli angeli del suo credo. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
2010-08-20 Una vergogna l'America intollerante che rifiuta la moschea al World Trade Center di Paul KrugmanCronologia articolo20 agosto 2010Commenta Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2010 alle ore 17:44. Il problema più grave che attanaglia la politica e i media americani non è un difetto di competenza o di buone intenzioni, ma la mancanza di coraggio. Eppure il coraggio c'è e va elogiato. Complimenti quindi al sindaco di New York Michael R. Bloomberg che in mezzo a critiche feroci ha difeso pubblicamente i musulmani che volevano costruire un centro comunitario a Lower Manhattan. E a Fareed Zakaria, opinionista di Newsweek e ospite di una trasmissione settimanale su CNN, per essersi schierato dalla parte della tolleranza restituendo un premio ricevuto cinque anni fa dalla Lega antidiffamazione. Lo ha fatto dopo che, il 30 luglio, l'organizzazione ebraica aveva comunicato che il centro islamico, il cui progetto include una moschea, sarebbe stato troppo vicino al World Trade Center e andava collocato altrove. La Lega antidiffamazione giustificava questa posizione con un ragionamento scandaloso: "I proponenti del Centro islamico potrebbero avere ogni diritto di costruire su questo sito, e potrebbero anche averlo scelto per mandare un segnale positivo sull'Islam. Il settarismo espresso da alcuni di quelli che li hanno attaccati è ingiusto e sbagliato. Ma in ultima analisi, non si tratta di una questione di diritti, bensì di fare ciò che è giusto. A nostro giudizio, costruire un Centro islamico all'ombra del World Trade Center procurerà un ulteriore ed evitabile dolore alle vittime, e questo non è un bene". Traduzione: se quel centro sarà costruito, alcune persone ci rimarranno male e dobbiamo tenere conto di questi sentimenti sebbene i musulmani abbiano ogni diritto di costruire proprio lì. "Le vostre dichiarazioni sui sentimenti delle vittime che vanno onorati anche se sono irrazionali o settari, hanno peggiorato la situazione", ha scritto Fareed Zakaria in una lettera indirizzata ad Abraham H. Foxman, il direttore nazionale della Lega antidiffamazione. La sua richiesta di bandire il centro islamico è stata una vergogna. Proviamo ad applicare la stessa logica a casi analoghi: procura dolore a certa gente vedere degli ebrei gestire piccole imprese in quartieri non ebrei; procura dolore vedere degli ebrei scrivere su pubblicazioni nazionali (ricevo spesso lettere di questo tenore); procura dolore vedere degli ebrei nella Corte Suprema. La Lega contro la diffamazione sarebbe d'accordo per vietare agli ebrei tali attività per evitare di procurare dolore ad altri? No? Che differenza c'è? © 2010 NYT - DISTRIBUITO DA NYT SYNDICATE (Traduzione di Sylvie Coyaud) ©RIPRODUZIONE RISERVA
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